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Il seggio del silenzio
Terza parte
Dentro, il buio era quasi totale, l'unica luce proveniva da una piccola finestra sporca che lasciava filtrare appena un debole bagliore e dall'unica lampadina che penzolava incerta dal soffitto della vecchia aula. Le ombre sembravano muoversi con una vita propria, danzando sulle pareti umide e scrostate. La stanza era vuota, a parte un vecchio tavolo di legno graffiato, le gabine elettorali e qualche sedia malridotta, alcune disposte casualmente, come se fossero state abbandonate in fretta. L'aria era densa e stantia, impregnata di umidità e un vago odore di muffa.
Il sindaco, un uomo sulla cinquantina con capelli grigi e radi e occhi profondamente segnati dalla stanchezza, avanzò a piccoli passi, con il cuore che gli batteva all'impazzata nel petto. Ogni scricchiolio del pavimento di legno sotto i suoi piedi sembrava amplificato nel silenzio tombale che avvolgeva l'ambiente.
"È tutto così... strano," mormorò tra sé, cercando di calmare i suoi nervi tesi. Si guardò intorno, cercando disperatamente un segno, un indizio qualsiasi che potesse spiegare le misteriose sparizioni. Ma non c'era traccia degli abitanti scomparsi.
Il sindaco avanzò ancora, con la mano tesa davanti a sé, come se volesse tenersi pronto a reagire qualsiasi cosa avesse trovato dietro le tende rosse delle cabine elettorali. "Giacomo? Marta?" chiamò, ma la sua voce si spense subito, inghiottita da un silenzio impenetrabile.
"Signor Sindaco, ha trovato qualcosa?" La voce di Andrea, il giovane padre, risuonò tremante dall'ingresso dell'aula, carica di preoccupazione. Si sporse leggermente oltre la soglia, cercando di vedere meglio all'interno.
"No, niente," rispose il sindaco, cercando di mantenere la calma. "È come se fossero... evaporati."
"Non può essere!" esclamò Caterina, stringendosi la sciarpa al collo come se volesse proteggersi dal freddo e dall'angoscia che l'avvolgeva. "Dev'esserci una spiegazione! Non possono semplicemente sparire!"
"Lo so, lo so," replicò il sindaco, con una voce che tradiva la sua stessa inquietudine. "Ma qui non c'è nulla. Solo questo vecchio tavolo e qualche sedia... e le cabine sono vuote."
Lucia, la volontaria, si avvicinò con passo incerto, il viso pallido e gli occhi spalancati dalla paura. "Signor Sindaco, dobbiamo fare qualcosa. Non possiamo restare qui ad... aspettare che sparisca qualcun altro."
"Ha ragione," concordò Marco, l'altro volontario. "Dobbiamo trovare una soluzione, e dobbiamo trovarla in fretta."
Il sindaco annuì lentamente, sentendo il peso della responsabilità. "D'accordo," disse infine, la voce più decisa. "Torniamo fuori."
Uscirono dalla scuola uno alla volta, i volti contratti dalla tensione e dalla paura. La luce del giorno, anche se filtrata dalla nebbia, sembrava quasi accecante dopo il buio opprimente dell'interno. La gente del paese si era radunata fuori, formando un piccolo cerchio di volti preoccupati e voci concitate.
"Che succede là dentro?" chiese Giovanni, l'uomo robusto con la barba grigia, avanzando verso il sindaco. "Avete trovato Giacomo e Marta?"
"No, non c'era nessuno," rispose il sindaco, scuotendo la testa. "La stanza e le cabine sono vuote, come se non fossero mai state occupate."
"Non è possibile!" esclamò Giovanni accarezzandosi la barba. "Dev'esserci un segreto, un passaggio nascosto o qualcosa del genere!"
"Forse dovremmo cercare meglio," propose Maria, con la voce tremante. "Non possiamo arrenderci così facilmente."
"Avete ragione," disse il sindaco, prendendo un respiro profondo. "Qualcosa in quella scuola deve darci una risposta."
"Verrò con voi," si offrì Marco. "Non possiamo lasciare che sparisca qualcun altro."
Il sindaco annuì e insieme, i due uomini, rientrarono nella scuola. Ogni passo rimbombava nel silenzio, ogni cigolio sembrava un lamento dell'edificio stesso. Varcarono nuovamente la soglia della stanza quasi buia, scrutando ogni angolo con maggiore attenzione.
"Guardi qui," sussurrò Marco, indicando una delle sedie. "È come se qualcuno l'avesse spostata di recente. Vede i segni sul pavimento?"
Il sindaco si avvicinò, osservando attentamente. "Hai ragione. Forse c'è davvero qualcosa..."
Esaminarono il tavolo, le sedie, le pareti. Ogni piccolo dettaglio venne passato al setaccio, ma la stanza sembrava non voler svelare i suoi segreti, così non diedero più importanza ai segni sul pavimento. Alla fine, sconfortati, uscirono di nuovo all'esterno.
Giovanni, il robusto uomo con la barba grigia, avanzò per primo. "Allora? Avete trovato qualcosa?" chiese con voce ansiosa.
Il sindaco sospirò, scuotendo la testa. "No, non c'è niente. Nessuna traccia, nulla di strano. Niente di niente."
"Non è possibile," sussurrò Maria, la vicina di casa di Giacomo. "Dev'esserci qualcosa che ci sfugge."
"Abbiamo esaminato ogni angolo," intervenne Marco, cercando di mantenere la calma nella voce. "Il tavolo, le sedie, le pareti... non c'è niente di anormale, niente che possa spiegare le sparizioni."
Caterina, l'amica di Marta, si fece avanti, visibilmente scossa. "Ma ci dev'essere una spiegazione! Marta non è il tipo da svanire senza lasciare traccia."
Il sindaco annuì, cercando di mantenere un tono rassicurante. "Lo so, Caterina. Lo sappiamo tutti. Ma per ora non abbiamo trovato nulla che possa darci una risposta."
"Siamo maledetti!" gridò Anna, stringendo ancora una volta il fazzoletto con mani tremanti. "Non c'è altra spiegazione!"
"Calma, tutti," cercò di intervenire il sindaco, cercando di mantenere l'ordine. "Non facciamo conclusioni affrettate." Alzò una mano per calmare la folla. "Dobbiamo mantenere la calma. Forse c'è un passaggio nascosto, o qualcosa che non abbiamo notato. Organizzeremo una ricerca più approfondita. Tutti insieme."
"Giusto," concordò Lucia, la volontaria, con un tono di determinazione. "Non possiamo arrenderci. Dobbiamo unire le forze e trovare una spiegazione."
Gli abitanti si scambiarono occhiate preoccupate. "Bene," disse il sindaco, prendendo un respiro profondo. "Formiamo dei gruppi e cerchiamo in ogni angolo della scuola. Non lasceremo nulla di intentato."