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Il Ritmo dell'Infinito
Prima parte
In un futuro non molto distante, l'umanità aveva finalmente trovato la chiave per esplorare le stelle, stabilendo colonie su pianeti lontani e scoprendo civiltà aliene con cui comunicare e interagire. Le possibilità sembravano infinite e ogni nuovo mondo visitato rivelava segreti e meraviglie che sfidavano l'immaginazione.
Le navi spaziali, alimentate da energie che sfidavano le leggi della fisica come le conosciamo, si muovevano attraverso le vastità del cosmo, connettendo mondi e popoli un tempo separati da distanze inimmaginabili. Tuttavia, non tutti gli incontri si rivelarono facili o pacifici. Con l'espansione delle colonie umane, le tensioni crescevano, e molte di queste erano alimentate dalla diffidenza e dal sospetto reciproco.
Il capitano Elias Novak era un uomo di profondi principi, mosso da un senso di responsabilità e protezione nei confronti della sua specie e di tutti coloro che rientravano sotto la sua giurisdizione.
Elias aveva visto mondi cadere e vite spezzarsi per mancanza di preparazione o per cieca fiducia. Questi eventi avevano temprato il suo carattere, “non possiamo permetterci di essere ingenui in un universo così vasto,” diceva spesso ai suoi uomini. Le sue parole non erano dettate da sospetto o diffidenza, ma da un sano realismo, nato da anni di esperienze dolorose.
Elias era un uomo d'azione, sì, ma le sue decisioni erano guidate da un profondo senso di giustizia e dalla volontà di proteggere l'umanità. Tuttavia, sapeva che in un universo imprevedibile, la pace andava difesa con determinazione.
Un giorno, durante una routine di pattugliamento, la nave di Elias, la Stella d'Acciaio, ricevette un disperato segnale di soccorso dal pianeta Arkania, un mondo verdeggiante e rigoglioso che si trovava ai confini dello spazio esplorato dall'umanità. Arkania era abitato da una specie aliena conosciuta come gli Yshari, esseri maestosi e pacifici con una connessione profonda al loro pianeta e alla natura che lo governava. La loro pelle iridescente cambiava colore in base ai loro sentimenti, creando un linguaggio visivo complesso e affascinante.
L'ufficiale delle comunicazioni, una giovane donna di nome Lila, interpretò il segnale di soccorso e si voltò verso Elias con uno sguardo preoccupato. “Capitano, sembra che gli Yshari stiano chiedendo aiuto contro qualcosa chiamato ‘il Devastatore’,” disse, la sua voce tremante di apprensione. Elias sollevò un sopracciglio, perplesso. Non aveva mai sentito parlare di tale entità.
“Che cos'è questo Devastatore?” chiese, la sua voce roca e autoritaria.
Lila scambiò uno sguardo con il tenente Jansen, l’ufficiale scientifico. “Secondo le informazioni nel messaggio, il Devastatore è un’entità cosmica che consuma tutto ciò che trova sul suo cammino. Gli Yshari affermano che il loro pianeta è in grave pericolo.”
Il segnale di soccorso veniva trasmesso in tutte le lingue conosciute e persino in quelle che nessuna mente umana avrebbe potuto comprendere, segno di una tecnologia molto avanzata. Elias lo ascoltò nella sua cabina, il volto impassibile mentre una voce melodiosa e intrisa di disperazione risuonava:
“A tutte le specie che possono sentire questa trasmissione, siamo gli Yshari di Arkania. Il nostro mondo è in pericolo, minacciato da una forza che non possiamo affrontare da soli. Chiediamo aiuto. In cambio, condividiamo con voi la nostra conoscenza, i nostri segreti più antichi, perché la saggezza di Arkania non svanisca nell'oblio. Aiutateci, vi preghiamo.”
Elias rimase a lungo in silenzio, fissando l'ologramma che mostrava l'immagine del pianeta: mari azzurri, continenti verdi, e le luci soffuse delle città degli Yshari immerse nella natura. Una parte di lui era tentata di ignorare la richiesta; non era suo compito salvare civiltà aliene.
Gli Yshari erano una specie nota per la loro pacificità, creature che vivevano in perfetta armonia con il loro ambiente, dedicando la loro esistenza alla cura della loro terra. Non erano guerrieri, né conquistatori. Erano esseri di pace, e per loro chiedere aiuto a una specie esterna doveva essere stata una decisione dolorosa e disperata.
Il capitano Elias convocò il suo equipaggio nella sala di comando, un gruppo eterogeneo di soldati, scienziati e tecnici. Il tenente Kara Mendes, una delle sue ufficiali più fidate, parlò per prima:
“Capitano, gli Yshari sono noti per la loro saggezza e per il legame unico con il loro pianeta. Se chiedono aiuto, la minaccia deve essere reale. Dovremmo considerar...”
Elias la interruppe, il suo sguardo gelido: “Non siamo una squadra di soccorso, Mendes. Il nostro compito è proteggere gli interessi dell'umanità.”
Il dottor Lucian Graves, un uomo dal volto scarno e dagli occhi penetranti, si schiarì la voce: “Capitano, il Devastatore è una leggenda antica tra molte razze. Un’entità che consuma pianeti è qualcosa che supera ogni nostra comprensione. Se davvero esiste, potrebbe essere una minaccia non solo per Arkania, ma per l’intera galassia.”
“E che cosa vogliono che facciamo?” chiese Elias, con un tono che tradiva la sua irritazione. “Vogliono che combattiamo questa cosa per loro?”
Il tenente Jansen annuì, cercando di mantenere la calma. “Capitano, credo che gli Yshari non abbiano altra scelta. Se il Devastatore è davvero ciò che descrivono, non solo il loro pianeta, ma anche altri mondi potrebbero essere in pericolo. Potremmo essere gli unici in grado di fermarlo.”
Elias incrociò le braccia, fissando lo schermo davanti a sé, era difficile per lui capire come un popolo così legato alla natura e alla pace potesse essere in una situazione del genere, ma se esisteva una minaccia reale, non poteva ignorarla.
“Impostate la rotta per Arkania,” ordinò infine, la sua voce risoluta. “Vediamo che cosa possiamo fare per questi alieni.”
La Stella d'Acciaio virò verso il pianeta verdeggiante, le sue possenti turbine vennero azionate al massimo, mentre l'equipaggio si preparava alla probabile battaglia.
Quando la nave di Elias Novak entrò nell'orbita del pianeta, l'equipaggio si trovò di fronte a una situazione in cui ogni decisione poteva fare la differenza tra il successo e il disastro. La priorità era trovare un luogo sicuro, lontano dall'influenza diretta del Devastatore, ma abbastanza vicino da permettere loro di agire rapidamente e con efficacia.
Gli Yshari, conoscendo il loro pianeta meglio di chiunque altro, avevano inviato una mappa dettagliata dei luoghi sacri e delle aree ancora incontaminate dall'oscurità. Questi luoghi erano protetti da antiche energie naturali che avevano resistito all'avanzata del Devastatore, e gli Yshari credevano che quelle energie potessero offrire una qualche forma di protezione anche agli umani.
“Dobbiamo scegliere un punto che ci offra protezione, ma che sia anche strategicamente vantaggioso,” disse Elias, riunendo il suo equipaggio nella sala di comando per discutere le opzioni.
Jansen proiettò l'ologramma del pianeta, evidenziando le aree suggerite dagli Yshari. “Qui,” indicò una vasta radura circondata da montagne, “questo è il ‘Cerchio di Eldara’, un antico luogo sacro per gli Yshari. Secondo loro, le montagne circostanti fungono da barriera naturale contro le energie del Devastatore.”
Lila osservò attentamente la mappa. “Ma è anche vicino a una delle aree corrotte,” notò, puntando un’altra zona. “Potremmo essere vulnerabili se il Devastatore dovesse estendere la sua influenza.”
“Vero,” rispose Jansen, “ma gli Yshari credono che il Cerchio di Eldara sia il luogo più sicuro rimasto. Inoltre, la sua posizione ci permette di monitorare le aree infette senza dover attraversare territori pericolosi.”
Elias annuì, riflettendo sulle parole del suo equipaggio. Era una scelta rischiosa, ma non c'erano molte alternative. Altre aree sicure suggerite dagli Yshari erano troppo lontane dalle zone critiche, il che avrebbe limitato la loro capacità di rispondere tempestivamente a eventuali minacce.
“Controlliamo la stabilità delle energie nella zona,” disse Elias, indicando a Mendes di eseguire una scansione approfondita dell'area. “Non atterreremo finché non saremo sicuri che possiamo stabilire una base operativa senza interferenze.”
Le scansioni rivelarono che, sebbene il Devastatore fosse vicino, le barriere naturali del Cerchio di Eldara riuscivano a contenere in parte la sua influenza. Le montagne e le foreste circostanti sembravano pulsare di una vita propria, come se stessero attivamente combattendo contro l'oscurità che cercava di invadere il loro territorio.
“È un rischio, ma è il miglior punto che possiamo scegliere,” concluse Elias, il suo tono era risoluto. “Se vogliamo fermare il Devastatore, dobbiamo essere vicini, ma anche in un luogo che possa darci il tempo di prepararci.”
Il Cerchio di Eldara fu quindi scelto come punto di atterraggio. Non era solo un luogo di rifugio, ma anche una posizione tattica che permetteva agli umani di osservare e pianificare le loro azioni contro il Devastatore. Gli Yshari, grati per il coraggio degli umani, promisero di fare tutto il possibile per rafforzare le barriere naturali e assistere l'equipaggio.
Mentre la nave scendeva verso il Cerchio, l'equipaggio poteva vedere l'immensa distesa di foreste e montagne che si estendeva sotto di loro. La radura scelta si trovava al centro di una valle protetta, dove antichi monoliti Yshari, ricoperti di muschio e scintillanti di una tenue luce blu, tracciavano un perimetro sacro. Il luogo emanava una calma surreale, contrastando con l'oscurità che minacciava il pianeta.
Era chiaro che quel luogo aveva resistito a molte battaglie nel corso dei secoli. Gli umani avrebbero dovuto fare lo stesso.
"Prepararsi per l'atterraggio," ordinò Elias, la sua voce ferma che risuonava nella sala di comando. Il capitano era abituato a scenari di guerra, ma non poteva fare a meno di sentire un brivido di inquietudine mentre osservava la superficie del pianeta. Qualcosa in quella bellezza primordiale sembrava quasi troppo perfetto, troppo fragile.
Durante l'atterraggio, i sensori iniziarono a captare strane letture. Fluttuazioni energetiche sconosciute, come onde di una forza invisibile, attraversavano l'atmosfera. "Capitano, rilevo delle anomalie energetiche provenienti dalla superficie," riferì Lila, con un tono preoccupato.
Elias si avvicinò alla console per esaminare i dati. "Qual è la fonte?" chiese.
"Sembra essere legato alla presenza del Devastatore, ma non riusciamo a determinare con precisione la natura di queste onde," rispose Jansen, con le sopracciglia aggrottate mentre cercava di interpretare le informazioni sullo schermo. "Potrebbero interferire con i nostri sistemi."
"Attivare le contromisure," ordinò Elias. "Non possiamo rischiare che i sistemi di atterraggio falliscano."
"Stiamo avvicinandoci alla zona designata per l'atterraggio," annunciò Jansen, cercando di mantenere la voce calma mentre manovrava la nave.
"Controllo finale del carrello di atterraggio," disse Jansen, mentre le gambe della nave si estendevano dolcemente, toccando terra con una delicatezza insolita per una nave di tali dimensioni.
"Esecuzione dei controlli finali," aggiunse Lila, verificando che tutti i sistemi fossero stabili.
La nave atterrò con un leggero sobbalzo, e per un momento ci fu un silenzio profondo, quasi solenne, rotto solo dai suoni naturali del pianeta. Gli uccelli alieni cinguettavano melodie sconosciute, e il vento sussurrava tra gli alberi, portando con sé un profumo di terre antiche e misteriose.
"Atterraggio completato con successo, capitano." disse Jansen, lasciando andare un sospiro di sollievo.
Elias annuì, il suo sguardo fisso sul paesaggio fuori dagli oblò. "Prepariamoci a scendere," disse, la sua voce ferma. "Abbiamo un lavoro da fare."