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La marea del silenzio
Capitolo 5
Elisa si svegliò presto, ancora turbata dalle parole di don Luciano. Seduta al tavolo della cucina, con una tazza di caffè ormai fredda tra le mani, ripensava al diario di Anna. Lo riprese e scorse rapidamente le pagine. Tra appunti confusi e frasi troncate, si trovavano una serie di simboli tracciati a matita, nascosti tra le annotazioni. C'era lo stesso simbolo del medaglione, ma affiancato da una frase scritta in un latino arcaico: Ex tenebris lumen, ex lumine tenebrae.
«“Dalle tenebre la luce, dalla luce le tenebre”…» tradusse a voce alta, incerta. «Che cosa avrà voluto dire?»
Elisa rifletté su quelle parole. Forse questo è uno degli insegnamenti del culto. Anna aveva cominciato a investigare su questa storia, ma non ha mai avuto la possibilità di parlarne apertamente.» Sfogliò un'altra pagina e trovò una lista di date accanto a una frase inquietante: "Ogni dieci anni la promessa si rinnova."
Che cosa accadeva ogni dieci anni? C'era una connessione con le sparizioni?
Le frasi criptiche, i simboli e quella misteriosa lista di date si mescolavano nella sua mente. Ogni pezzo sembrava legato a un disegno più grande, ma ancora incomprensibile.
Poco dopo, Matteo arrivò con una copia del verbale ufficiale sull'indagine di Edoardo Vernazza. «L'ho preso dagli archivi questa mattina. Non ci sono molti dettagli… solo che Vernazza aveva accennato a un “pericolo imminente” poco prima di sparire.»
Elisa prese il documento e lo esaminò attentamente. «Nessuna descrizione di questo pericolo? Nessun riferimento al culto?»
Matteo scosse la testa. «Nulla. Ma c'è una cosa interessante: il nome di un testimone. Un certo Carlo Neri. Era uno degli ultimi a vedere Vernazza vivo.»
«Neri…» Elisa ripeté il nome, cercando di ricordare. «Non è uno dei contadini che vive nella zona collinare, fuori Monteriva?»
«Esatto. Pare che Vernazza sia andato a casa sua pochi giorni prima di sparire. Ma non ci sono dettagli sul motivo della visita.»
Elisa chiuse il fascicolo e si alzò. «Allora è ora di fare una visita a Carlo Neri. Forse ha visto o sentito qualcosa che gli inquirenti non hanno annotato. E se c'è un filo che collega Anna e Vernazza, lui potrebbe darci qualche risposta.»
La casa di Carlo Neri si trovava alla periferia del paese, ai margini di un bosco fitto e silenzioso. L'abitazione era vecchia, con le pareti scrostate e un tetto che sembrava sul punto di crollare. Nonostante l'apparenza malandata, il giardino era curato, segno che qualcuno abitava ancora lì.
Elisa e Matteo si fermarono davanti al cancello arrugginito. Dopo aver spinto con uno scricchiolio acuto, si avvicinarono alla porta e bussarono. Ci volle qualche minuto prima che si sentissero dei passi pesanti. Un uomo anziano, con il viso segnato dal tempo e gli occhi sfuggenti, aprì lentamente la porta.
«Chi siete?» chiese Carlo Neri, con un tono sospettoso.
«Commissario Ferretti, stiamo indagando sulla morte di Anna Riva e sulla scomparsa di Edoardo Vernazza», disse Elisa, mostrando il tesserino. «Sappiamo che Vernazza è venuto da lei poco prima di sparire. Vorremmo farle qualche domanda.»
Neri li fissò per un lungo istante, poi aprì la porta quel tanto che bastava per farli entrare. La casa era piccola e modesta, ma ordinata. Una stufa a legna scaldava l'ambiente e un forte odore di caffè era insistente.
«Non so molto», iniziò l'uomo, sedendosi su una sedia accanto al tavolo. «Vernazza è venuto qui una sera… era agitato. Parlava di gente che lo seguiva, di qualcosa che aveva scoperto e che non dovevamo uscire allo scoperto.»
«Le ha detto di cosa si trattava?» chiese Elisa, accendendo il registratore.
Carlo esitò, poi scosse la testa. "No. Era troppo preoccupato per spiegarmi tutto. Mi ha solo detto di stare attento, di non fidarmi di nessuno nel paese. Prima che andasse via, mi ha lasciato una busta.»
Elisa e Matteo si scambiarono un'occhiata. «Cosa c'era nella busta?» domandò Matteo.
Carlo si alzò lentamente e andò verso una credenza. Tirò fuori una busta ingiallita, chiusa con un sigillo di ceralacca rossa. «Non l'ho mai aperta. Vernazza mi aveva detto che era meglio così.»
Elisa prese la busta tra le mani. Il sigillo era intatto, con inciso lo stesso simbolo che avevano visto sul medaglione nella cripta.
«Se Vernazza le ha lasciato questa busta, è perché sapeva che conteneva qualcosa di importante», disse Elisa fissando Carlo.
L'uomo annuì. «Mi disse solo una cosa prima di andarsene. Disse: 'Se mi succede qualcosa, la verità è qui dentro.'»
Tornati in centrale, Elisa e Matteo si sedettero nell'ufficio con la busta, sul tavolo, tra loro. Rimasero in silenzio, si udiva solo il ticchettio dell'orologio. Elisa prese un tagliacarte e, con un gesto deciso, spezzò il sigillo.
Dentro c'era un fascicolo, vecchio, ma ben conservato. Conteneva pagine fitte di annotazioni, schemi e fotografie. Tra i documenti c'era anche una lista di nomi. Elisa scorse rapidamente i fogli, finché un nome familiare le balzò agli occhi: Anna Riva.
«Vernazza stava investigando sul culto… e Anna era coinvolta molto più di quanto pensassimo», mormorò Elisa.
Ma c'era qualcosa di ancora più inquietante. Tra i nomi c'era un altro volto noto: don Luciano.
Elisa rimase in silenzio, fissando il nome di don Luciano tra i documenti trovati nella busta. Il peso delle implicazioni si fece sentire subito: il prete, che sembrava solo un guardiano di antichi segreti, ora appariva direttamente coinvolto nel caso.
Matteo, accanto a lei, ruppe il silenzio.
«Non può essere una coincidenza. Don Luciano non è solo un testimone… sembra essere al centro di tutto questo.»
Elisa annuì, ma non rispose. Sfogliò ancora il fascicolo, cercando qualcosa che potesse collegare i pezzi. Tra le pagine c'era una vecchia fotografia: una ventina di persone, tutte vestite con abiti cerimoniali, disposte in cerchio in un bosco. Al centro, un simbolo disegnato sul terreno. Elisa riconobbe il disegno: lo stesso visto nella cripta sotto la chiesa.
«Questa foto… è stata scattata nel bosco vicino alla casa di Carlo Neri», disse, indicando i contorni degli alberi e la sua casa sullo sfondo. «E guarda qui.»
Matteo si avvicinò. Nella foto, tra i volti sfocati, si riconoscevano don Luciano e un uomo più giovane con tratti familiari. Elisa prese il diario di Anna e trovò una foto inserita tra le pagine. La sovrappone a quella del fascicolo. Era Edoardo Vernazza.
«Vernazza era lì», mormorò Elisa. «Era parte del culto, oppure li stava indagando da vicino.»
Matteo si passò una mano tra i capelli. «Ma se Vernazza faceva parte del gruppo, perché ha cercato di avvertire Neri? Cosa gli ha fatto cambiare idea?»
Elisa chiude gli occhi per un momento, tentando di mettere ordine nei suoi pensieri. La lista di nomi, la foto, le frasi criptiche del diario: ogni elemento puntava a un rituale pericoloso, ma i dettagli chiave continuavano a sfuggirle.
Più tardi, Elisa decise di tornare alla chiesa. Non poteva ignorare il coinvolgimento di don Luciano e il simbolo trovato nella cripta. Matteo le aveva suggerito di essere prudente, ma Elisa sapeva che non c'era più tempo per esitazioni.
La chiesa era immersa in un silenzio irreale quando entrò. Le candele accese proiettavano ombre tremolanti sui muri, l'atmosfera era opprimente. Don Luciano era inginocchiato davanti all'altare, ma si quando alzò sentì i passi di Elisa.
«Il commissario Ferretti. Mi aspettavo che tornasse», disse con calma, voltandosi verso di lei.
Elisa non si fece intimidire. «Lei era lì, don Luciano. Ho trovato una foto che la ritrae con Vernazza e altre persone. Voglio sapere cosa significa.»
Il prete rimase impassibile, ma Elisa notò un lieve tremore nella sua mano destra. «Non posso dirle tutto, commissario. Non capirebbe... e non servirebbe a nulla. Alcune verità devono rimanere nascoste.»
Elisa avanzò di un passo, stringendo i documenti tra le mani. «Questo è quello che diceva anche Vernazza, ma qualcosa lo ha spinto a parlare. Lei sa cosa gli è successo, vero?»
Don Luciano abbassò lo sguardo, la voce tramutata in sussurro. «Edoardo… era un uomo coraggioso, ma ha sfidato un equilibrio antico. Ha voluto distruggere ciò che proteggevamo.»
«Proteggere cosa? Un culto che sacrifica vite? Un segreto che ha ucciso Anna e forse tanti altri?» incalzò Elisa.
Il prete alzò gli occhi, lo sguardo duro. «Non è così semplice. Lei pensa di poter giudicare, ma non conosce la storia di questo luogo. Non sa cosa ci protegge... né cosa rischiamo se quel confine viene spezzato.»
Prima che Elisa potesse rispondere, don Luciano fece un passo indietro. «Le consiglio di lasciar perdere, commissario. Per il suo bene. E per il bene di Monteriva.»
Di ritorno in centrale, Elisa si sentiva frustrata e confusa. Don Luciano stava chiaramente nascondendo qualcosa, ma ogni tentativo di spingerlo a parlare sembrava rafforzare la sua convinzione di non collaborare.
Mentre ripensava all'incontro, Matteo entrò nell'ufficio con un'espressione seria. «Abbiamo ricevuto una segnalazione. Qualcuno ha visto una luce nel bosco vicino alla casa di Neri, la scorsa notte.»
Elisa si alzò immediatamente. «Preparati. Andiamo a controllare.»
Arrivati al bosco, la luce delle torce illuminava il sentiero sterrato. La notte era fredda e il silenzio era interrotto solo dal fruscio delle foglie sotto i loro passi. Avanzando, notarono delle tracce sul terreno: impronte fresche che conducevano verso una radura.
Quando raggiunsero la radura, Elisa si fermò di colpo. Al centro, disegnato con precisione sul terreno, c'era il simbolo del culto, circondato da candele spente. Su una delle candele c'era una traccia di sangue.
Matteo si chinò per osservare più da vicino. «Qualcuno è stato qui di recente. E questo simbolo... sembra essere stato usato in un rituale. Com'è possibile che nessuno lo abbia mai notato, che nessuno si sia accorto di cosa accadeva qui?»
Elisa annuì, stringendo i pugni. Era chiaro che il culto era ancora attivo. E quella traccia di sangue indicava che qualcuno aveva pagato il prezzo per il loro segreto.
«Non possiamo più aspettare», disse Elisa con determinazione. «Dobbiamo scoprire chi è coinvolto e fermarli, prima che ci siano altre vittime.»