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La marea del silenzio

Capitolo 8

L'alba colorava Monteriva di sfumature fredde quando Elisa e Matteo si presentarono nuovamente nell'ufficio del procuratore Ricci. L'aria nell'edificio sapeva di caffè stantio e di tensione. Sul tavolo del procuratore erano sparsi i documenti che avevano raccolto: liste di nomi, transazioni sospette, collegamenti tra il culto e la tratta di esseri umani.

Ricci sollevò lo sguardo su di loro, la fronte aggrottata. «State dicendo che questa rete non solo sfruttava la copertura del culto per operare indisturbata, ma che aveva anche collegamenti con il traffico internazionale?»

Elisa annuì. «E la prova più concreta è il flusso di denaro che parte da Monteriva per finire in conti offshore. Marini non era l'unico coinvolto. Questo sistema esiste da decenni.»

Ricci passò una mano sul viso. «Se ciò che dite è vero, abbiamo bisogno di qualcosa di più solido prima di muoverci. Se sbagliamo, daremo ai responsabili il tempo di sparire nel nulla.»

Matteo posò un dossier sulla scrivania. «Abbiamo richiesto un'analisi sui traffici portuali di Ravenna e Genova. Una delle navi collegate ai trasferimenti di denaro attraccherà domani. Potrebbe essere l'occasione giusta per scoprire cosa trasporta davvero.»

Ricci rifletté per un lungo istante, poi annuì. «Voglio un mandato di perquisizione per quel carico. Nel frattempo, voi due continuate a scavare. Se questa rete è così radicata, qualcuno qui a Monteriva sta ancora proteggendola.»

Nel pomeriggio, Elisa e Matteo tornarono alla casa di Giovanni Marini. Il sigillo della polizia era ancora sulla porta, ma avevano il permesso di esaminare di nuovo la scena.

Il salotto era stato lasciato come l'avevano trovato l'ultima volta: libri accatastati, carte sparse ovunque. Elisa si fermò accanto alla libreria e passò le dita lungo i dorsi dei volumi. C'erano saggi sulla storia delle sette religiose, documenti sulla fondazione di Monteriva, perfino alcuni libri di economia.

Fu Matteo a notare qualcosa di insolito. «Questo scaffale è più profondo degli altri.»

Elisa si avvicinò mentre lui premeva sulla superficie del legno. Ci fu uno scatto lieve e l'intera sezione della libreria si spostò di pochi centimetri.

Matteo tirò con più forza, rivelando uno scomparto nascosto. All'interno, accatastati con cura maniacale, c'erano decine di fascicoli. Elisa ne prese uno a caso e lo aprì.

All'interno c'erano fotografie. Ragazze e ragazzi, alcuni giovanissimi. Sorrisi spesi, sguardi persi. Ogni immagine era accompagnata da una data e da un nome. Alcuni li avevano già visti nei documenti sequestrati, altri erano nuovi, volti che forse nessuno avrebbe mai più ritrovato.

Elisa osservava il nome scritto accanto all'ultima transazione. Le mani le tremavano leggermente mentre lo rileggeva più volte, come se il suo cervello si rifiutasse di accettare ciò che aveva davanti agli occhi.

GM Giovanni Marini. Questo lo sapeva già. Ma accanto, un altro nome. Uno che non avrebbe mai dovuto trovarsi lì.

Chiuse il registro dello scatto, come se potesse in qualche modo respingere la realtà. Prese il telefono e chiamò Matteo.

«Dobbiamo tornare subito al commissariato.» La sua voce era tesa, senza bisogno di spiegazioni.

Quando arrivarono gli mostrò il registro aperto alla pagina incriminata. Matteo rimase in silenzio, il volto si oscurava man mano che le informazioni prendevano forma nella sua mente.

«Questo non è possibile…» mormorò, stringendo il foglio tra le mani. «Se è davvero lui, allora stiamo parlando di qualcuno che ha operato indisturbato per anni.»

«E che probabilmente sa già che gli siamo alle calcagna», aggiunge Elisa.

Si scambiarono uno sguardo. In quel momento entrò il procuratore Ferretti, l'espressione che aveva non annunciava nulla di buono.

«Abbiamo conferma dalla Guardia Costiera», annuncia. «La nave segnalata attraccherà domani notte. Stiamo organizzando un'operazione congiunta per fermarla prima che il carico venga trasferito.»

«Potremmo riuscire a collegare questa nave alle transazioni del registro.» disse Elisa mostrando l'ultimo ritrovato al procuratore.

Ricci annuì. «Sarebbe la chiave per incastrare non solo chi agisce sul campo, ma anche chi tira i fili da lontano.»

Quella sera, Elisa tornò nel piccolo appartamento che aveva affittato da quando era tornata a Monteriva. Il sonno tardava ad arrivare. Continuava a ripensare alla lista di nomi nel registro, alle fotografie che avevano trovato.

Giovani scomparsi. Uomini e donne che erano passati inosservati, inghiottiti dal sistema di sfruttamento nascosto dietro il culto.

Il volto di Anna le tornò alla mente. Se aveva scoperto tutto questo dieci anni prima, non era difficile immaginare cosa le fosse successo.

Prese il telefono e scorse i contatti fino al numero di Giulio Riva.

«Commissario...» La sua voce era roca, «Non mi aspettavo questa chiamata.»

«Devo vederla,» disse lei, senza giri di parole. «È importante. Riguarda Anna.»

Un lungo silenzio, poi un sospiro. «Vieni domattina. Ti aspetto a casa.»

L'indomani, Elisa percorse la strada che portava alla casa dei Riva con un nodo in gola. Era passato diverso tempo dall'ultima volta che era stata lì. L'abitazione ora sembrava ancor più invecchiata.

Giulio le aprì la porta con un'espressione difficile da decifrare. L'uomo aveva i capelli più grigi di quanto ricordasse e lo sguardo di chi sapeva troppo.

«Entra. Perché mi hai chiamato?» chiese Giulio, incrociando le braccia.

Elisa posò il registro sulla tavola. «Ho trovato il suo nome qui dentro.»

L'uomo non toccò il libro, ma lo fissò e si incupì all'istante.

«Sapevi fino a che punto si era spinta Anna, vero?» incalzò Elisa.

Giulio rimase in silenzio. «L'avevo avvertita», disse infine. «Le avevo detto di lasciar perdere. Ma lei non voleva ascoltarmi.»

«Di cosa si trattava?»

L'uomo sospirò profondamente. «Non era solo il culto. Era quello che c'era dietro. Quegli uomini usavano il paese per qualcosa di più grande. E Anna... lei aveva iniziato a fare troppe domande.»

Elisa sentì un brivido lungo la schiena. «Chi c'era dietro? Chi l'ha fatta sparire?»

Giulio la guardò negli occhi, e in quello sguardo Elisa vide la paura.

«C'è qualcuno, Ferretti. Qualcuno che non ha mai smesso di controllare Monteriva.» Fece una pausa, poi aggiunse con voce bassa: «E che ora sa che  lei sta cercando la verità.»

Elisa fissò Riva, cercando di decifrare il peso delle sue parole.

"Qualcuno che controlla ancora Monteriva."

Quelle parole si insinuarono nella sua mente come un presagio.

«Chi, Giulio?» chiese con voce ferma.

L'uomo abbassò lo sguardo, tormentandosi le mani. «Non posso dirtelo.»

Elisa strinse i pugni. «Non puoi, o non vuoi?»

Lui sollevò lo sguardo. «Commissario Ferretti, lei non capisce. Se faccio il suo nome, ci condanno entrambi.»

Il silenzio che seguì era pesante come piombo. Elisa sapeva di non poterlo forzare, ma aveva bisogno di un punto di partenza.

«Anna aveva trovato qualcosa. Era per questo che insisteva perché lasciasse perdere?»

Giulio annuì, la voce spezzata. «Lei aveva visto troppi collegamenti. Il culto, le sparizioni... i soldi. Sapeva che la chiesa era solo una facciata.»

Elisa sentì un brivido per correrle la schiena. «La tratta.»

Uscì dalla casa di Giulio Riva con la sensazione che ogni cosa si stesse stringendo attorno a lei. L'aria di Monteriva, già umida per il temporale in arrivo, sembrava ancora più pesante. Aveva sperato che l'uomo le rivelasse di più, ma aveva incontrato solo paura e resistenza.

Aveva bisogno di un altro approccio.

Mentre camminava verso la macchina, prese il telefono e chiamò Matteo.

«Dobbiamo parlare.»

«Dove sei?»

«Sto tornando in commissariato. Ti aspetto lì.»

Elisa si appoggiò alla scrivania, sfogliando ancora una volta il registro che avevano recuperato. I nomi, le date, le transazioni. Dietro ogni cifra c'era una vita spezzata. Dietro ogni nome, un destino segnato.

Matteo entrò pochi minuti dopo, con il viso teso.

«Hai scoperto qualcosa da Riva?»

Elisa scosse la testa. «Non vuole parlare. È come se avesse paura perfino di pronunciare certi nomi, come se farlo potesse metterlo in pericolo immediato.»