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La marea del silenzio
Capitolo 2
La notizia della morte di Edoardo Vernazza si era diffuse a Monteriva più velocemente di quanto Elisa avesse previsto. Quando raggiunse la piazza principale, fu accolta da sguardi furtivi, mormorii e conversazioni interrotte a metà. La targa di "Polizia" sulla sua auto sembrava essere diventata improvvisamente un faro per le curiosità morbose degli abitanti.
«Hanno già cominciato», mormorò tra sé mentre avanzava verso il piccolo bar del paese, il "Caffè del Porto", dove Donata, la proprietaria, la stava aspettando dietro il bancone. Donata era una donna sulla cinquantina, robusta e dalla chioma grigia sempre raccolta in una crocchia. Il suo sguardo era vispo, abituato a captare ogni dettaglio, e proprio per questo Elisa aveva scelto di partire da lei.
«Commissaria, un altro caffè?» chiese Donata, con un sorriso appena accennato.
Elisa annuì e si sedette a un tavolino vicino alla finestra, dove poteva osservare chi entrava e usciva dal bar. «Hai sentito la notizia?»
Donata le posò davanti la tazzina, con la schiuma del caffè ancora perfetta. «Non si parla d'altro. Ma sa come sono qui, no? Tutti hanno già una teoria.»
«E tu? Cosa ne pensi?»
La donna si strinse nelle spalle, guardando verso il mare che si intravedeva in lontananza. «Non è la prima volta che un forestiero finisce male da queste parti. Ma è strano. Questo giornalista... Edoardo, giusto? Non sembrava tipo da cercare guai.»
«L'hai visto in paese?»
Donata ci pensò un attimo, poi annuì. «Sì, qualche volta negli ultimi giorni. Si fermava qui per un caffè, sempre da solo. Aveva l'aria di chi non vuole farsi notare, ma... era come se cercasse qualcosa. Sa come sono certi tipi, sempre in cerca di una storia da raccontare.»
«Ha parlato con qualcuno?»
«Non che io abbia notato. Però...» Donata si fermò, abbassando la voce e sporgendosi verso Elisa. «L'altro giorno è uscito di qui e si è diretto verso la chiesa sconsacrata in cima alla collina. Ho pensato fosse strano, nessuno ci va più da anni.»
Elisa annuì. La chiesa sconsacrata era uno dei luoghi dimenticati di Monteriva, un edificio in rovina che nessuno osava frequentare, intriso di storie di fantasmi e vecchie leggende. «Grazie, Donata. Se ricordi altro, fammelo sapere.»
Dopo il caffè, Elisa si diresse verso la chiesa. Era decisa a seguire ogni pista, anche quella che sembrava più assurda. Mentre guidava su per la strada dissestata, la radio dell'auto gracchiò, e la voce di Matteo fece capolino tra le interferenze.
«Elisa, sono riuscito a ottenere qualche informazione su Edoardo Vernazza.»
«Dimmi tutto», rispose, aumentando il volume.
«Vernazza lavorava per un giornale locale a Milano. Si occupava di inchieste, soprattutto su casi irrisolti e storie di cronaca nera. Non era un giornalista famoso, ma aveva la reputazione di essere tenace e di non mollare finché non aveva scoperto la verità.»
Elisa si soffermò su quelle parole. «E c'è qualcos'altro? Perché sarebbe venuto fin qui?»
«Ecco il punto interessante: da circa un mese, Vernazza stava indagando su una vecchia scomparsa avvenuta proprio a Monteriva.»
Elisa sentì un brivido attraversarle la schiena. «Chi?»
«Anna Riva», disse Matteo, con tono grave. «Scomparsa vent'anni fa. Aveva diciannove anni e un giorno è svanita nel nulla. Il caso non è mai stato risolto.»
Anna Riva. Il nome rimbombò nella mente di Elisa come un'eco lontana. Ricordava vagamente qualcosa di quella storia: una ragazza sparita in una notte d'estate, nessuna traccia, nessun indizio. L'indagine era stata chiusa anni fa, relegata in una cartella polverosa negli archivi della polizia locale.
«Quindi Vernazza era qui per questo», mormorò Elisa. «Ma perché ora? Perché dopo tutti questi anni?»
«Non lo so, ma c'è un'altra cosa. Pare che qualcuno lo avesse visto parlare con un uomo del posto. Un certo Cesare Galli, l'ex parroco della chiesa sconsacrata. Sembra che Vernazza stesse facendo domande su quella notte, sul perché Anna fosse andata alla chiesa prima di sparire.»
Il cuore di Elisa accelerò. La chiesa sconsacrata. Lì dove stava andando proprio in quel momento.
«Grazie, Matteo. Continua a cercare altre informazioni su Anna Riva. Voglio sapere tutto: amici, parenti, qualsiasi cosa.»
Arrivata alla chiesa, Elisa scese dall'auto. L'edificio era esattamente come lo aveva immaginato: fatiscente, con le pareti coperte di muschio e l'aria intrisa di un'energia inquietante. Si fece strada tra l'erba alta e spinosa fino all'ingresso, dove il portone di legno sembrava sul punto di cedere da un momento all'altro.
Entrò con cautela, il suono dei suoi passi rimbombava nel silenzio. L'interno era buio e freddo, e l'odore di umidità era opprimente. In fondo alla navata, qualcosa brillò sotto la luce flebile che entrava da una finestra rotta. Elisa si avvicinò e vide un taccuino abbandonato su uno dei banchi di legno. Lo aprì, sfogliando velocemente le pagine ingiallite.
Appunti, nomi, data. E poi, l'ultima pagina: la calligrafia ordinata e decisa. In fondo al foglio, la firma del giornalista Edoardo Vernazza
"Anna Riva. Scomparsa il 15 agosto 1994. Ultimo avvistamento: chiesa sconsacrata di Monteriva. Parroco: Cesare Galli. Qualcosa non torna. Troppe incongruenze. Gli abitanti sanno più di quanto dicano."
Elisa si fermò, il suo respiro divenne affannoso nell'aria gelida della chiesa. Poteva quasi sentire la presenza di Vernazza lì, come se fosse accanto a lei, mentre scriveva quelle parole. C'era qualcosa che collegava la morte di Edoardo alla scomparsa di Anna Riva, e adesso sapeva da dove cominciare.
Sfilò il taccuino da sotto il banco e lo infilò nella tasca del cappotto. Mentre usciva dalla chiesa, sentì l'inconfondibile sensazione di essere osservata. Si voltò di scatto, ma non c'era nessuno. Solo l'ombra della chiesa e il vento che sibilava tra le vecchie pietre.
Forse era solo paranoia, o forse Monteriva custodiva qualche segreto di troppo.
Mentre si allontanava dalla chiesa sconsacrata, Elisa si sentiva inquieta. L'odore di muffa e polvere le era rimasto attaccato ai vestiti, come a volerle suggerire che quel luogo nascondeva più di quanto volesse ammettere. Stringendo il taccuino di Vernazza nella tasca del cappotto, tornò all'auto, avvolta dal vento gelido che soffiava dalla collina.
Prima di rientrare in caserma, decise di passare dalla casa di Cesare Galli, l'ex parroco. Se Vernazza era stato lì, sicuramente c'era un motivo, ed Elisa voleva sapere quale. La casa di Galli si trovava a pochi chilometri dal paese, lungo una stradina stretta e sterrata che sembrava portare verso il nulla. Quando arrivò, il cancello arrugginito era aperto, cigolante al passaggio del vento.
Elisa si avvicinò alla porta principale e bussò. Attese un attimo, poi bussò di nuovo, più forte. Dopo qualche secondo, sentì dei passi trascinarsi dall'altra parte, e la porta si aprì lentamente, rivelando un uomo sulla sessantina, con i capelli grigi, arruffati e gli occhi scavati. Lo sguardo di Galli era quello di qualcuno che aveva visto fin troppe cose nella vita.
«Buongiorno, signor Galli», disse Elisa, mostrando il tesserino. «Sono il commissario Ferretti. Vorrei farle qualche domanda.»
L'uomo la osservò per un istante, come se stesse valutando se lasciarla entrare o meno. Poi, senza dire nulla, si fece da parte, permettendole di varcare la soglia.
L'interno della casa era cupo e odorava di umidità, proprio come la chiesa. Elisa si sedette al piccolo tavolo della cucina, dove Galli l'aveva condotta, senza offrire né caffè né cortesia. «Di cosa vuole parlare?» chiese, con un tono stanco.
«Conosceva Edoardo Vernazza?» iniziò Elisa, osservando attentamente la reazione dell'uomo.
Galli annuì lentamente. «È venuto qui un paio di volte negli ultimi giorni. Diceva di essere un giornalista, stava cercando informazioni sulla ragazza scomparsa... Anna Riva.»
«E lei gli ha detto qualcosa?»
L'ex parroco si passò una mano sul viso, come se il ricordo fosse un peso che faticava a portare. «Gli ho detto quello che sapevo. E cioè niente. All'epoca non ero ancora arrivato a Monteriva. Tutto quello che ho sentito sono le voci del paese, e sa com'è, commissaria... le voci cambiano con il tempo.»
«Vernazza ha menzionato qualcun altro? O ha fatto altre domande su quel periodo?»
«Mi ha chiesto della chiesa», rispose Galli, abbassando la voce. «Voleva sapere perché fosse stata sconsacrata, perché nessuno andasse più lì. Gli ho detto la verità: non lo so. È successo prima che arrivassi, e nessuno ha mai voluto parlarne. Come se potessimo dimenticare.»
Elisa si appoggiò allo schienale della sedia, cercando di capire se Galli stessi nascondendo qualcosa. «E secondo lei, perché era così interessato a quella chiesa?»
Galli fece spallucce. «Forse perché sapeva che è lì che è stata vista Anna per l'ultima volta.»
«E lei ha mai trovato qualcosa lì dentro? Qualche indizio, qualche segno della sua presenza?» incalzò Elisa, sperando di farlo cedere.
«No», rispose l'uomo, ma qualcosa nel suo tono era cambiato. «Non ho mai trovato nulla.»
Elisa lasciò la casa di Galli con più domande che risposte. Mentre tornava verso Monteriva, rifletté sulle sue parole. C'era qualcosa in quella chiesa, qualcosa che aveva attirato Vernazza. E se Anna Riva era stata davvero lì quella notte, forse aveva lasciato una traccia che aspettava solo di essere trovata.
Quando raggiunse la caserma, Matteo la stava aspettando con un'espressione che non prometteva nulla di buono. «Elisa, c'è un problema.»
«Cosa succede?»
«Qualcuno ha già saputo della morte di Vernazza e ha deciso di fare una visita alla sua camera d'albergo. L'hanno trovata a soqquadro stamattina, poco dopo che siamo andati via dalla spiaggia.»
«Cosa? Chi avrebbe potuto sapere?» reagì Elisa.
Era come se qualcuno stesse cercando di cancellare ogni traccia del giornalista.
«Non lo sappiamo ancora, ma ho controllato la registrazione delle telecamere dell'albergo», continuò Matteo, mostrando il tablet che aveva in mano. Sullo schermo si vedeva chiaramente un uomo incappucciato che entrava nell'hotel alle prime luci dell'alba. Non era possibile distinguere il volto, ma il modo in cui si muoveva sembrava familiare.
«Ha preso qualcosa?» chiese Elisa, mentre si concentrava sull'immagine.
«Sì, il portatile di Vernazza è sparito. Probabilmente era proprio quello che cercava.»
«Qualcuno sta cercando di nascondere qualcosa», disse Elisa, pensierosa. «E ora vuole assicurarsi che non ci siano prove che possano portare alla verità.»
Matteo riprese il tablet, incerto. «E noi? Cosa facciamo ora?»
Elisa tirò fuori il taccuino di Vernazza e lo mostrò al collega. «Ho trovato questo nella chiesa sconsacrata. Contiene i suoi appunti sull'indagine. Dobbiamo leggerlo, capire cosa aveva scoperto.»
Matteo annuì, e insieme si sedettero nel piccolo ufficio della caserma, illuminato solo dalla luce fioca di una lampada da tavolo. Aprirono il taccuino e iniziarono a leggere.
Le pagine erano piene di note, nomi e connessioni che Vernazza aveva tracciato tra la scomparsa di Anna Riva e Monteriva. Pareva che il giornalista avesse parlato con molte persone, ottenuto dettagli che la polizia locale aveva ignorato o volutamente trascurato. Ma fu l'ultima pagina a colpire Elisa.
"La verità non è nascosta. È sotto gli occhi di tutti, ma nessuno vuole vederla. Anna Riva aveva scoperto qualcosa, qualcosa che l'ha condannata."
Elisa si fermò, rileggendo quelle parole più volte. Sembrava quasi che Vernazza fosse consapevole di essere a un passo dalla verità. Ma cosa aveva scoperto?
«C'è un ultimo nome qui», disse Matteo, indicando l'angolo della pagina. «Giulio Riva. È il padre di Anna.»
«Sì», annuì Elisa.
«E vive ancora qui, a Monteriva.» incalzò l'assistente.
La commissaria chiuse il taccuino. «È ora di fare una visita al signor Riva. Se qualcuno conosce la verità, potrebbe essere lui.»