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La marea del silenzio

Capitolo 1

L'alba stava appena tingendo di rosa il cielo sopra Monteriva, un piccolo borgo aggrappato alle scogliere della Liguria, quando l'anziano pescatore Guido Sorrentino, avvolto nel suo vecchio giubbotto di lana, scese sulla spiaggia per preparare la barca alla pesca mattutina. Era una routine che seguiva da decenni, scandita dai suoni ritmici delle onde e dal canto dei gabbiani che volavano bassi sull'acqua calma.

Quella mattina, però, qualcosa spezzò la tranquillità. Guido si fermò, la vista annebbiata dall’età gli giocava brutti scherzi, ma stavolta sapeva che non era un'illusione. A pochi metri dalla riva, il mare restituiva un corpo.

All'inizio pensò a un manichino, magari trasportato dalle correnti dopo una tempesta, come ne aveva visti in passato. Ma avvicinandosi, il colore pallido della pelle, la rigidità innaturale degli arti, e la giacca scura che aderiva al corpo gli fecero capire che era di un uomo, uno vero. Guido sussultò e indietreggiò di un passo, il cuore accelerando in un battere di confusione e paura.

Non c'erano dubbi: l'uomo era morto. Il corpo era semisommerso, con il volto rivolto verso il mare. I capelli castani galleggiavano intorno alla testa come alghe. Non si vedevano segni evidenti di violenza, ma il modo in cui il corpo era adagiato sulla sabbia, come se fosse stato trascinato dalle onde, gli fece venire un brivido lungo la schiena.

Per qualche secondo rimase immobile, incerto su cosa fare. Le onde lambivano dolcemente il cadavere, quasi con compassione, mentre il vento fresco del mattino cominciava a farsi più forte. Guido tornò alla realtà quando si accorse che i suoi piedi erano già in acqua. Doveva avvertire qualcuno, ma chi? In un paese come Monteriva, dove tutti conoscevano tutti, l'arrivo di un estraneo, morto per giunta, era un evento che avrebbe sconvolto la comunità.

Senza perdere altro tempo, Guido si diresse di corsa verso il paese. Ogni passo nella sabbia sembrava rallentarlo, ma il battito del suo cuore lo spingeva avanti. Quando raggiunse il piccolo molo, il primo volto che vide fu quello di Donata, la proprietaria del bar vicino alla piazza. Senza fiato, le urlò di chiamare la polizia. Donata, colta dal panico, afferrò il telefono e in pochi minuti il commissariato di Monteriva fu informato.

Elisa Ferretti era seduta dietro la scrivania del suo ufficio, le mani strette attorno a una tazza di caffè ancora fumante. Il commissariato di Monteriva era una struttura modesta, molto diversa dal caotico quartier generale di Genova, da cui era fuggita in cerca di pace. Ma la pace, apparentemente, non voleva trovarla.

La chiamata arrivò mentre stava leggendo un rapporto insignificante su piccoli furti. Alzò lo sguardo verso il telefono che vibrava, poi rispose senza troppa fretta.

«Commissaria Ferretti.»

«C'è stato un ritrovamento, sulla spiaggia», disse la voce agitata dall'altro capo del telefono. «Un corpo.»

Elisa si irrigidì sulla sedia. Un corpo? Non era il tipo di chiamata che si aspettava in un paese come Monteriva, dove i crimini più gravi riguardavano solitamente dispute tra vicini o furti occasionali.

«Chi ha trovato il corpo?» chiese, cercando di mantenere la calma.

«Guido Sorrentino, il pescatore. È stato lui.»

Elisa non perse altro tempo. Con una mossa fluida, afferrò il cappotto dalla sedia e uscì dall’ufficio, chiamando il suo assistente, Matteo Rinaldi, che la stava aspettando nella piccola sala adiacente.

«C’è stato un ritrovamento in spiaggia. Vieni con me.»

Quando Elisa e Matteo arrivarono sulla spiaggia, Guido era ancora lì, in piedi, il volto scavato dall’ansia e dal freddo. Il corpo giaceva sulla riva, immobile, e la marea sembrava quasi volerlo riprendere con sé. Elisa si avvicinò, mantenendo una certa distanza per non compromettere la scena. L'uomo indossava una giacca costosa e un paio di scarpe di pelle, chiaramente non un pescatore o un abitante del posto. Il viso era parzialmente nascosto dai capelli bagnati, ma ciò che attirò subito l'attenzione di Elisa fu un dettaglio: l’orologio d’oro al polso sinistro.

«Sembra uno straniero», mormorò Matteo, osservando il corpo con una smorfia. «Non sembra essere di queste parti.»

Elisa annuì, inginocchiandosi vicino al cadavere per esaminare più da vicino. Il corpo era rigido, ma l'assenza di evidenti ferite aperte o segni di colluttazione rendeva la causa della morte poco chiara.

«Chiedi a Guido se ha visto qualcosa di sospetto», disse, senza distogliere lo sguardo dal cadavere.

Mentre Matteo si allontanava, Elisa si alzò in piedi e guardò verso il mare. L'alba era ormai svanita, e un grigio cupo copriva l'orizzonte. Qualcosa in quel ritrovamento non le tornava. Un uomo come quello, ben vestito, non sarebbe mai finito su quella spiaggia per caso. Ma chi era? E soprattutto, perché era morto proprio lì, in quel tranquillo angolo di mondo?

Elisa Ferretti fissava il mare da dietro il parabrezza della sua vecchia Fiat Punto, parcheggiata a pochi passi dalla spiaggia. I tergicristalli combattevano con le prime gocce di pioggia che iniziavano a cadere, ritmiche, come una batteria che scandiva la tensione crescente che sentiva crescere dentro di sé. L'odore salmastro del mare riempiva l'aria, mescolandosi con il profumo del caffè ormai freddo che aveva dimenticato di bere prima di uscire di corsa.
Tirò un lungo respiro, cercando di allentare la morsa di nervosismo che le stringeva lo stomaco. Ormai erano sei mesi da quando aveva accettato il trasferimento a Monteriva, una decisione impulsiva, presa più per allontanarsi dal suo passato a Genova che per la voglia di ricominciare in un posto nuovo. I suoi superiori l'avevano vista come una fuga. Per Elisa, era stata una via d'uscita.
Uscì dall'auto, infilando il cappotto per proteggersi dalla pioggia crescente. Matteo Rinaldi, il suo assistente, la stava aspettando poco più avanti, tenendo a distanza gli abitanti del paese che, nel frattempo, avevano iniziato ad accorrere sulla spiaggia dopo aver sentito la notizia.
«Hanno già iniziato a mormorare», disse Matteo, con un cenno verso il piccolo gruppo di curiosi che cercava di avvicinarsi. «C'è chi dice che sia stato un incidente, altri parlano di un suicidio. Sai come sono qui…»
Elisa annuì, senza distogliere lo sguardo dal mare. «Nessuno ha toccato il corpo, vero?»
«No, come hai ordinato. Abbiamo circoscritto la zona.»
Elisa si avvicinò al cadavere, scrutando attentamente il volto dell'uomo. Sembrava giovane, forse poco più di trent'anni. Sulla giacca intravide una macchia scura, appena visibile nella luce grigia del mattino. Un portafoglio sporgeva dalla tasca interna, e senza esitare, Elisa lo prese e lo aprì, rivelando un documento d'identità.
«Edoardo Vernazza», meno a voce alta. «Giornalista, residente a Milano.»
Matteo si avvicinò, lanciando un'occhiata alla carta d'identità. «Giornalista? Che ci faceva qui?»
«Bella domanda», mormorò Elisa, riponendo il portafoglio nella tasca del defunto. «È chiaro che non si tratta di un abitante del posto, ma qualcuno deve aver visto arrivare.»
Mentre rifletteva sulle prossime mosse, sentì una voce alle sue spalle. Si girò e si trovò davanti a Guido Sorrentino, il pescatore che aveva scoperto il corpo. Aveva l'aria sconvolta, le mani tremanti nonostante cercasse di nasconderle nelle tasche del suo giubbotto.
«Lei è il pescatore che ha trovato il corpo, giusto?» chiese Elisa, osservando attentamente l'uomo.
«Sì, commissaria», annuì Guido. «Ero venuto a controllare la barca, come faccio ogni mattina… e l'ho visto lì… sulla riva.»
«Ha toccato qualcosa? Spostato il corpo?»
«No, niente del genere», rispose Guido, scuotendo la testa con vigore. «Ho chiamato subito aiuto. Non volevo avere problemi, capisci?»
Elisa annuì, ma poteva già percepire il nervosismo nell'uomo. «Ha visto qualcuno in giro questa mattina? Qualcuno di strano?»
Guido esitò. «No, non ho visto nessuno. Ma... ma sa come sono questi posti, commissaria. A volte la gente arriva di notte, si muove di nascosto. Nessuno vuole farsi vedere.»
«Grazie, Guido», concluse Elisa. «Se ricorda qualcos'altro, si metta in contatto con noi.»
Guido annuì ancora, ma qualcosa nello sguardo sfuggente dell'uomo fece intuire a Elisa che c'era dell'altro. Avrebbe dovuto tenerlo d'occhio.
Elisa tornò alla macchina, con Matteo alle calcagna. «Cosa ne pensi?» le chiese lui, ancora aggrottando la fronte.
«Che ci sono tanti interrogativi e poche risposte. E c'è qualcosa che non torna», rispose Elisa, gettando un ultimo sguardo alla scena del crimine. «Un giornalista di Milano non viene qui per caso. Voglio sapere cosa stava facendo.»
Matteo annuì, consapevole che quella ricerca li avrebbe portati a confrontarsi con qualcosa di molto più grande di quanto Monteriva fosse abituato a gestire. «Vuoi che controlli in caserma se ci sono segnalazioni di scomparsa o denunce recenti?»
«Sì, ma prima chiama Milano. Scopri tutto quello che puoi su Edoardo Vernazza. Voglio sapere chi era, con chi lavorava, e soprattutto perché è finito morto sulla nostra spiaggia.»
Matteo annuì e si allontanò, già al telefono mentre si dirigeva verso l'auto. Elisa rimase per un momento a osservare il mare. Le onde erano più agitate adesso, quasi a voler cancellare le tracce di quanto era accaduto poche ore prima. Era sempre così con i segreti, pensato. Il tempo e il silenzio cercavano di coprirli, ma prima o poi la verità riaffiorava.
Il vento portò con sé l'eco delle prime parole dei curiosi che si erano radunati a distanza. Sussurri, ipotesi, paure. Elisa sapeva che in un paese come Monteriva, dove le voci correvano più veloci della luce, non ci sarebbe voluto molto perché la notizia si diffondesse. Doveva agire in fretta.
Con un ultimo sguardo al corpo, ormai coperto da un telo bianco, Elisa si voltò e iniziò a salire verso il paese. Aveva un giornalista da conoscere, e il tempo per trovare le risposte stava già scorrendo troppo velocemente.