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Il seggio del silenzio
Sesta parte
La scoperta gettò un'ombra sinistra sul piccolo paese di Montefreddo, un'ombra che sembrava permeare ogni angolo delle sue strette vie lastricate di pietra. Le autorità locali, con il commissario Rossi in testa, tentarono di mantenere l'ordine, ma la paura e la tensione erano tangibili, quasi si potessero tagliare con un coltello. Il commissario si fermava spesso a parlare con i residenti, cercando di rassicurarli, ma nei suoi occhi si poteva leggere l'ansia che si sforzava di nascondere.
"Non c'è nulla di cui preoccuparsi," diceva, la voce ferma, ma le parole sembravano svuotarsi del loro significato nel momento in cui uscivano dalle sue labbra. "Stiamo facendo tutto il possibile per proteggere il paese e per capire se la storia della signora Nora ha a che fare con le sparizioni."
Ma le sue rassicurazioni cadevano nel vuoto. Gli abitanti di Montefreddo non erano più gli stessi; ogni giorno che passava, la sensazione di vivere sotto una maledizione si faceva sempre più opprimente. I volti degli scomparsi – Giacomo, Marta, e gli altri – si materializzavano nelle conversazioni sussurrate dietro porte chiuse, nelle occhiate furtive scambiate al mercato, nelle preghiere mormorate in chiesa con la speranza che un Dio misericordioso mettesse fine al loro incubo.
I giornalisti, annusando l'odore della paura, si attaccavano al paese come corvi a una carogna, pronti a scarnificare ogni dettaglio. Le loro notizie sensazionali si diffondevano come un incendio nei boschi d'estate, alimentando speculazioni e sospetti. "Montefreddo, il paese dei fantasmi", "Misteriose sparizioni in un antico borgo", titolavano i giornali, e le trasmissioni televisive non facevano che amplificare l'eco del terrore.
"Ci stanno distruggendo," commentò una sera il sindaco, seduto nel suo ufficio con le mani nei capelli, guardando fuori dalla finestra la piazza deserta. "Questo posto... non sarà mai più lo stesso."
La polizia intensificò le ricerche, perquisendo ogni angolo di Montefreddo e delle campagne circostanti, ma la sensazione di un male antico e insondabile rimaneva. I vecchi mormoravano storie di tempi passati, di leggende dimenticate che ora sembravano prendere vita. "È come se qualcosa si fosse risvegliato," disse con un filo di voce la vecchia Anna, parlando a un gruppo di giovani riuniti intorno al fuoco. "Qualcosa che sarebbe dovuto rimanere sepolto."
Nel tentativo disperato di allontanarsi dall'orrore, gli abitanti cercarono di ritrovare un senso di normalità, ma l'ombra della verità incombeva su di loro come una cappa di piombo. Le case una volta accoglienti ora sembravano fredde e minacciose, le risate dei bambini si erano spente, e persino il canto degli uccelli sembrava portare con sé un presagio funesto.
La scuola abbandonata, epicentro di quell'incubo, fu chiusa definitivamente. Le autorità decisero di trasferire il seggio elettorale in un edificio nuovo, lontano dai ricordi oscuri di quei giorni. "Non ci metterò più piede lì dentro," dichiarò Lucia, una delle volontarie, con gli occhi spalancati dal terrore. "Quel luogo è maledetto."
Ma anche lontano dalla scuola, il mistero delle sparizioni e i segreti nascosti sotto Montefreddo continuarono a tormentare i sogni di chi sapeva troppo. Le notti erano diventate un regno di incubi, popolato da figure indistinte che sussurravano parole incomprensibili all'orecchio di chi cercava invano il sonno.
Fine