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La marea del silenzio
Capitolo 7
Elisa fissava il quaderno rilegato in pelle trovato nella cassaforte di Giovanni Marini. Ogni pagina sembrava una confessione silenziosa, un mosaico di crimini nascosti sotto il velo del culto.
«È una rete internazionale», mormorò Elisa, sfogliando lentamente le pagine. «Tratta di esseri umani. Usano il culto per reclutare, spaventare e mantenere il controllo, mentre il denaro scorre attraverso coperture come quella di Marini.»
Matteo, seduto di fronte a lei, osservava le mappe. «Queste rotte sono strategiche. Passano tutte da grandi porti dove il controllo doganale è difficile. Probabilmente usano contenitori o piccoli yacht per le persone.»
Elisa annuì, con il quaderno ancora in mano. «E non si tratta solo di vittime prese a caso. Stanno sfruttando la debolezza delle persone, usando il simbolo del culto per manipolarle o per spaventare chi potrebbe opporsi.»
Il mattino seguente, Elisa ricevette una telefonata dall'analista forense.
«Abbiamo i risultati del pezzo di stoffa ritrovato nella radura», disse con voce ferma. «Il tessuto corrisponde a un abito appartenuto a Sofia Leone. Ma c'è di più: abbiamo trovato tracce di cera e sangue sul bordo. Questo dimostra che è stato usato, probabilmente, in un rituale recente.»
Elisa si sentì gelare. «Quindi qualcuno ha usato qualcosa che apparteneva a Sofia anni dopo la sua sparizione? È una specie di messaggio?»
«Non possiamo dirlo con certezza, ma la cosa è inquietante. Chi ha portato quel brandello nella radura vuole mantenere vivo il legame con il culto e le sue vittime.»
Elisa riagganciò e chiamò Matteo. «Abbiamo una conferma. La stoffa apparteneva a Sofia, ed è stata usata di recente in un rituale. Questo non è solo un culto. È una strategia per creare paura e coprire crimini più grandi.»
Matteo annuì. «Dobbiamo muoverci con cautela. Se scoprono che stiamo arrivando a loro, potrebbero distruggere tutto… o peggiorare le cose per le loro vittime.»
Elisa si lasciò cadere sulla sedia, ogni passo li avvicinava alla verità, ma la verità era una lama a doppio taglio. E lei sapeva che dietro al simbolo del culto c'era un orrore molto più grande di quanto avesse immaginato.
Il pezzo di stoffa recuperato nella radura continuava a tormentare Elisa. Non era solo un indizio: era una dichiarazione di potere, un avvertimento lasciato intenzionalmente. Chiunque fosse coinvolto nel culto sapeva cosa stava facendo, e la precisione con cui tutto sembrava incastrarsi era inquietante.
Elisa e Matteo passarono la mattina a ricontrollare il quaderno trovato nella cassaforte di Giovanni Marini. I nomi annotati, le cifre accanto a ciascuno, e le mappe indicavano chiaramente un traffico ben organizzato. Le rotte marittime erano il punto focale.
«Guarda qui», disse Elisa, indicando una delle città portuali segnate con una croce: Ravenna. «Secondo questa lista, una grossa somma è stata trasferita proprio prima di una spedizione partita da qui due giorni fa.»
Matteo annuì. «Potremmo chiedere alla Guardia Costiera se ci sono stati movimenti sospetti. Navi, contenitore… qualcosa che colleghi il culto alla tratta.»
Elisa si prese un momento per riflettere. «È quello che vogliono. Che guardiamo lontano, quando invece il fulcro di tutto potrebbe essere qui, a Monteriva.»
Nel pomeriggio, Elisa ricevette un messaggio dal laboratorio forense. Il DNA del sangue sulle candele era stato confrontato con il database nazionale. Una delle corrispondenze apparteneva a una ragazza scomparsa solo pochi mesi prima: Maria Pirozzi, diciannove anni, sparita da un piccolo paese della costa tirrenica.
«Maria non aveva legami con Monteriva», spiegò Matteo, leggendo il rapporto. «Quindi come è finita qui?»
Elisa chiuse il foglio, consapevole che la risposta era più semplice di quanto volesse ammettere. «Non è finita qui. È stata portata. Questo non è un culto religioso. È un sistema. Usano Monteriva come base per traffici molto più grandi.»
Quella sera, Elisa decise di rivedere i documenti trovati da Anna nella biblioteca. Tra vecchie mappe, trascrizioni di processi ecclesiastici e annotazioni personali, una pagina attirò la sua attenzione. Era un elenco di nomi, scritto a mano da Anna. Accanto a ogni nome c'era una data.
«Matteo, guarda qui», disse Elisa, indicando il foglio. «Questi nomi corrispondono a vittime scomparse negli ultimi vent'anni. E le date... coincidono con segnalazioni di rituali del culto.»
Matteo scosse la testa. «Quindi stavano uccidendo da anni, nascondendo tutto dietro il simbolo di un culto antico.»
«Non solo uccidendo», aggiunge Elisa. «Trattando le persone come merce. Il culto è solo una maschera, un modo per reclutare adepti o spaventare chi prova a indagare.»
Elisa cercò tra i documenti, trovando una vecchia lettera scritta da un sacerdote di Monteriva nel 1956. Parlava di “riti sacrificali” e “anime offerte per la prosperità della comunità”. La calligrafia era fitta, ma un passaggio in particolare attirò la sua attenzione:
“Non tutti capiscono che le offerte non sono solo spirituali. Sono risorse, scambi necessari per mantenere i legami con i benefattori al di fuori delle mura di questo paese.”
Elisa rabbrividì. «Il culto non è mai stato una semplice setta religiosa. È sempre stato un mezzo per gestire un sistema di potere. Persone, denaro, silenzio… tutto ha un prezzo.»
Nel cuore della notte, Elisa ricevette una chiamata da Giulio Riva, il padre di Anna.
«Commissario, credo di aver trovato qualcosa», disse l'uomo con voce tremante. «Stavo sistemando alcune cose qui, a casa. Tra i vecchi documenti ho trovato una foto di Anna… con don Luciano e un altro uomo. Non è mai stata pubblicata. Non so chi sia l'altro, ma… sembra Giovanni Marini.»
Elisa si sedette sul letto, il cuore che batteva forte. «Signor Riva, può inviarmela?»
Pochi istanti dopo, la foto è arrivò sul telefono di Elisa. Mostrava Anna sorridente, ma tesa, accanto a don Luciano. L'uomo accanto a loro era effettivamente Giovanni Marini, più giovane, ma facilmente riconoscibile.
«Questo collega Marini direttamente a don Luciano», disse Matteo quando Elisa gli mostrò la foto il mattino seguente. «E se erano in contatto anche anni fa, vuol dire che Anna sapeva molto più di quanto pensavamo.»
Elisa annuì. «Ed è per questo che l'hanno fatta sparire.»
L'ufficio della procura di Monteriva era un alveare di attività quella mattina. Elisa e Matteo, muniti della foto inviata da Riva, si erano recati da Ricci per aggiornarlo sui nuovi sviluppi.
«Questa foto cambia tutto», disse Elisa, appoggiando l'immagine sulla scrivania del procuratore. «Dimostra che Giovanni Marini e don Luciano sono collegati da anni. Se riuscissimo a provare che entrambi avevano un ruolo attivo nel culto, potremmo smantellare la rete che si nasconde dietro di loro.»
Ricci studiò l'immagine, le rughe sulla sua fronte si accentuarono. «Dobbiamo muoverci con cautela. Marini è un uomo di spicco e se c'è una rete più grande dietro di lui, come sospettate, non possiamo permetterci errori.»
Matteo annuì. «Abbiamo un'altra pista. Una delle navi segnalate nei documenti di Marini attraccherà al porto di Ravenna tra tre giorni. Potremmo organizzare un'operazione congiunta con la Guardia Costiera.»
Ricci sollevò lo sguardo. «Se quella nave è davvero collegata alle scomparse, allora potrebbe essere la prova definitiva. Ma non possiamo escludere che ci siano complici anche qui a Monteriva. Voglio che continuiate a scavare.»
Elisa e Matteo trascorsero il pomeriggio nella casa parrocchiale, ormai sigillata come scena del crimine. Ogni oggetto, ogni documento poteva nascondere un indizio.
Nella vecchia scrivania di don Luciano trovarono un fascicolo pieno di appunti personali. Tra essi, una lista di nomi con numeri accanto. Alcuni erano già stati trovati nei documenti di Marini, ma altri erano nuovi.
«Questi numeri,» disse Matteo, indicando la colonna, «anche questi, sembrano cifre economiche. Come se stesse registrando le transazioni come Marini.»
Elisa sfogliò le pagine, soffermandosi su un nome che le fece gelare il sangue: Anna Riva. Accanto al nome c'era una cifra significativa e una data: il giorno prima della sua scomparsa.
«È stata venduta,» sussurrò Elisa, quasi senza fiato.
Matteo fissò il nome. «Dobbiamo trovare un modo per collegare questi numeri ai movimenti finanziari. Se riusciamo a risalire ai conti, scopriremo chi sta finanziando tutto questo.»
Quella sera, Elisa decise di tornare da Riva. Il padre di Anna sembrava sapere più di quanto avesse rivelato fino a quel momento.
«C'è qualcos'altro che devo sapere?» chiese Elisa quando si sedettero nel piccolo salotto di Riva.
L'uomo sembrava nervoso, giocherellava con l'orlo della manica. «Anna era coinvolta… in qualcosa di grosso. Stava indagando sul culto, ma aveva trovato molto di più. Mi parlava di persone influenti, di traffici. Mi disse che aveva paura, ma che non poteva tirarsi indietro.»
Elisa annuì. «E non ti ha mai detto chi stava cercando di fermarla?»
L'uomo scosse la testa. «Solo che c'era qualcuno molto vicino a lei che non era chi diceva di essere. Mi disse di fare attenzione a tutti.»
Elisa cercò di mantenere la calma. «Perché non mi ha detto tutto questo prima?»
Riva abbassò lo sguardo. «Perché ho paura. E se quello che Anna sapeva ha portato alla sua scomparsa, allora potrebbe venire a cercare anche me.»
Tornata in ufficio, Elisa trovò un nuovo rapporto sul suo tavolo. Era stato Matteo a richiederlo: un controllo approfondito sui movimenti bancari di Giovanni Marini negli ultimi dieci anni.
Elisa scorse le pagine, fermandosi su una serie di transazioni che portavano a una banca offshore. Gli importi erano enormi, sempre suddivisi in piccole somme per non attirare sospetti.
«Qui» disse Matteo, indicando uno schema ricorrente. «Ogni trasferimento avviene subito dopo un rituale o una scomparsa. Questo è riciclaggio di denaro, legato alle sparizioni.»
Elisa strinse i pugni. «E ora abbiamo le prove per collegare tutto: culto, tratta e riciclaggio. Ma chi è al vertice di questa rete? Non può essere solo Marini. Qualcuno tira i fili da molto più in alto.»
Matteo la fissò. «E questo qualcuno potrebbe essere a Monteriva.»