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Il Ritmo dell'Infinito

Seconda parte

Il Devastatore appariva come un'entità di pura oscurità, una forma fluida e indefinita che si contorceva costantemente, come se fosse fatta di ombre viventi. La sua presenza sembrava distorcere lo spazio intorno a sé, creando vortici di tenebra che risucchiavano la luce e luoghi. Non aveva una forma stabile, ma assumeva contorni vaghi e mutevoli, a volte simili a una massa tentacolare, altre volte a un'onda oscura che si frantumava contro il terreno.

Nella sua oscurità, si intravedevano bagliori spettrali, come scintille di energia negativa, che pulsavano al ritmo di un cuore malvagio e spietato. Le leggende raccontavano che guardare direttamente il Devastatore poteva far emergere i timori più profondi, poiché i suoi movimenti sembravano risvegliare le paure più recondite.

La sua voce, se così poteva essere chiamata, era un sussurro multiplo, come il fruscio di mille anime perdute, un lamento continuo che sembrava provenire da tutte le direzioni e da nessuna che si insinuava nella mente seminando caos e disperazione. Il Devastatore non aveva occhi, ma avvertiva la presenza, come se percepisse tutto e tutti attorno a sé, nutrendosi del terrore e della discordia che generava.

La sua avanzata era inesorabile, il terreno che calpestava si disgregava, le piante appassivano, e l'aria stessa diventava pesante e irrespirabile. Era come se la natura, alla sua presenza, venisse risucchiata in una spirale di decadenza, lasciando solo desolazione e silenzio.

Elias Novak osservava dallo schermo della cabina di comando mentre il portellone della nave si apriva, rivelando l'esterno. Il cielo era di un azzurro intenso, punteggiato da nubi bianche che fluttuavano pigramente sopra una ampio spazio verdeggiante. Le fronde degli alberi tutt'intorno sembravano danzare al ritmo di un vento leggero che portava con sé un aroma dolce e terroso.

Il Cerchio di Eldara si trovava nel cuore pulsante di Arkania, nascosto tra le montagne sacre che si ergevano alte e maestose come guardiani silenziosi. Queste montagne formavano una sorta di anello naturale attorno a una vasta radura.

Entrando nel Cerchio di Eldara, si avvertiva immediatamente un cambiamento nell'aria: un profumo intenso di terra umida e fiori selvatici, accompagnato dal suono melodioso del vento. Le montagne circostanti riflettevano la luce del sole in mille sfumature di verde e oro.

Il centro del Cerchio era dominato da un enorme albero, l’Eldara stesso, le cui radici si estendevano in profondità nella terra e i cui rami si innalzavano verso il cielo come braccia protese in un abbraccio. La corteccia dell'albero era di un colore argenteo e su di essa scorrevano rune luminose, che pulsavano di una luce soffusa, quasi come se l'albero stesso fosse vivo e cosciente. Le foglie, grandi, a forma allungata e larga, brillavano di un verde luminescente che illuminava delicatamente l'intero cerchio, persino nelle ore notturne.

Intorno all'albero, le pietre sacre del Cerchio erano disposte in modo preciso, ciascuna decorata con intricati intagli che narravano la storia degli Yshari e della loro connessione con Arkania. Queste pietre, alte e scolpite con figure che rappresentavano antiche divinità e spiriti della natura, emanavano una strana energia, come se distribuissero le forze vitali del pianeta.

Il terreno del Cerchio di Eldara era tappezzato da un manto di muschio soffice, l'acqua scorreva dolcemente in piccoli ruscelli che si intrecciavano tra le pietre alimentando la terra circostante.

Il capitano Elias e la sua squadra, armati e pronti per qualsiasi evenienza, scesero la rampa e calpestarono il terreno soffice di Arkania. La sensazione sotto i piedi era strana, quasi come se la terra vibrasse leggermente.

Non dovettero aspettare a lungo. Dall'ombra della vegetazione emersero lentamente gli Yshari. Camminavano con passo elegante e misurato, la loro pelle iridescente brillava sotto i raggi del sole, mutando colore dal blu profondo al verde smeraldo mentre si avvicinavano. Erano alti e snelli, con lunghe braccia e dita affusolate. Gli occhi erano grandi e liquidi, lo sguardo intenso come se fossero in grado di vedere oltre le apparenze.

Al centro del gruppo c’era Lir’Vana, la loro guida, una figura antica e maestosa con la pelle che cambiava dal dorato al viola tenue. Indossava un mantello di foglie intrecciate, i cui bordi sembravano muoversi da soli, in armonia con i suoi passi.

Elias fece un passo avanti, mantenendo una postura rigida, ma i suoi occhi tradivano una certa curiosità. Lir’Vana avanzò per incontrarlo, fermandosi a pochi passi da lui. Per un lungo momento, i due si studiarono in silenzio.

Finalmente, fu Lir’Vana a rompere il silenzio. La sua voce era dolce, "Benvenuti su Arkania, viaggiatori delle stelle. Sono Lir’Vana, custode di questo mondo. È un onore incontrarvi."

Elias, sorpreso dalla padronanza della lingua terrestre, annuì con un leggero cenno. "Sono il capitano Elias Novak, al comando di questa spedizione. Siamo qui in risposta al vostro segnale di soccorso e siamo pronti a combattere il Devastatore."

Lir’Vana inclinò leggermente la testa, il cambiamento di colore sulla sua pelle rifletteva una sfumatura di gratitudine. "Apprezziamo la vostra buona volontà, Capitano Novak. Ma sappiate che il Devastatore non è una minaccia che può essere fermata semplicemente combattendo. La sua natura è complessa, legata all'armonia del nostro mondo. Avremo bisogno di qualcosa di più della potenza delle vostre armi."

Elias sollevò un sopracciglio, non completamente convinto. "Se il Devastatore è una minaccia, lo affronteremo come sappiamo fare."

Uno degli Yshari, accanto a Lir’Vana, emise un suono melodioso, una sorta di risata leggera che si propagò come una dolce brezza tra gli alberi. "La forza senza saggezza può essere un fardello, non un dono," disse con un tono musicale.

Lir’Vana alzò una mano per placare il compagno. "Ogni forma di vita ha i suoi doni, Capitano. Vi invitiamo a conoscere il nostro, a capire il nostro legame con Arkania. Solo allora potremo trovare un modo per combattere il Devastatore insieme, come alleati, non come estranei."

Elias osservò la scena intorno a lui: gli Yshari, con i loro movimenti fluidi e i colori cangianti, la foresta che sembrava respirare all'unisono con loro, e l'aria carica di energia, come se il pianeta stesso fosse un essere vivente. Per un attimo, provò un senso di inadeguatezza, un dubbio e una curiosità che non aveva mai provato prima. "Molto bene," rispose infine, con voce più calma. "Mostratemi quello che sapete"

Lir’Vana sorrise, un'espressione illuminò il suo volto e cambiò nuovamente il colore della sua pelle in una calda sfumatura dorata. "Sarà un onore condividere con voi la nostra conoscenza. Insieme, potremo affrontare ciò che minaccia questo mondo. Siamo tutti legati dallo stesso destino, e oggi, iniziamo a intrecciare le nostre vite per la salvezza di Arkania."

Elias annuì, accennando un sorriso leggero, ma rimase in silenzio. Gli Yshari si mossero con eleganza verso l’Eldara, l’albero sacro che dominava il Cerchio. Mentre camminavano, le loro pelli mutavano in sfumature più tenui, come se l’ambiente circostante influenzasse la loro stessa essenza.

Lir’Vana si fermò ai piedi dell’enorme albero, posando una mano sulla corteccia argentata, che subito iniziò a pulsare di una luce soffusa. "L'Eldara è la memoria vivente del nostro popolo," disse, "da lui, abbiamo appreso molte verità, tra cui quella del Devastatore."

Elias si avvicinò, scrutando l'albero con interesse. "Cos’è esattamente il Devastatore? Come è arrivato su Arkania?"

Lir’Vana chiuse gli occhi per un momento, come per raccogliere i pensieri, poi rispose: "Il Devastatore non è una creatura comune, né è nato su Arkania. È un'entità di energia negativa, una manifestazione di disarmonia e odio, proveniente dalle regioni più oscure dello spazio. La leggenda narra che fu creato dall’accumularsi di conflitti e dolore in un remoto angolo dell'universo, dove mondi interi furono distrutti dalla guerra e dalla devastazione. Quando questi mondi cessarono di esistere, le energie negative rilasciate si unirono, formando il Devastatore."

Elias serrò la mascella. "Ma perché ha scelto Arkania?"

Un altro Yshari, un giovane dalla pelle che rifletteva sfumature verdi, intervenne. "Il Devastatore è attratto dai luoghi di grande armonia. È come una falena che cerca la luce. Arkania è il faro che lo ha richiamato. Qui spera di nutrirsi di ciò che ci rende forti, spezzando l’armonia per crescere ancora di più."

Lir’Vana annuì. "Quando giunse per la prima volta, lo percepimmo subito. Il nostro mondo cominciò a cambiare. La terra divenne arida in alcune zone, le creature iniziarono a comportarsi in modo strano, e un'ombra si estese sul nostro spirito collettivo. Sperando che il Devastatore potesse essere fermato con l'unione delle nostre forze, ci radunammo qui, nel Cerchio di Eldara."

Fece una pausa, guardando i suoi compagni, la cui pelle si era scurita leggermente in segno di preoccupazione. "Tentammo di combatterlo, ma il Devastatore è astuto e potente. Si adattava ai nostri attacchi, assorbendo parte delle nostre energie diventando sempre più forte."

"Quindi lo avete affrontato, ma non siete riusciti a fermarlo" commentò Elias, riflettendo sulle difficoltà della situazione. "Cos’è andato storto?"

Un’Yshari anziana, dalla pelle che brillava di un blu scuro, si fece avanti. "Il Devastatore si nutre della disarmonia. Nonostante i nostri sforzi, il timore e il dubbio si insinuarono in alcuni di noi. Questi sentimenti, seppur piccoli, furono sufficienti a indebolirci. Il Devastatore percepì questa frattura e la sfruttò per resistere. La nostra unità non era abbastanza forte."

Elias osservò l’anziana Yshari. "E ora pensate che possiate fare di meglio con il nostro aiuto? Siete convinti che possiamo fare la differenza?"

"Non è solo una convinzione," rispose Lir’Vana. "È una necessità. Arkania è in pericolo e con esso tutto ciò che ci è caro. Non possiamo permettere che il Devastatore distrugga questo mondo, né che si nutra della sua energia per crescere e colpire altrove. Oggi abbiamo una scelta: unirci e combattere insieme o affrontare la rovina."

La notte stava per calare e il tempo era prezioso. La foresta intorno al Cerchio di Eldara si animò di un’energia frenetica, mentre i terrestri e gli Yshari collaboravano in un balletto inusuale, ma affascinante.

Gli Yshari, che non avevano mai fatto ricorso a vere e proprie armi, decisero di condividere con gli umani un segreto antico: la creazione delle “armi viventi”. Queste armi non erano fatte di metallo e polvere da sparo, ma di vita stessa. Lir’Vana guidò Elias e alcuni suoi uomini in una radura vicina, dove crescevano piante particolari, dalle foglie sottili come lame e dai fusti resistenti come l’acciaio.

"Questa è l'Astara," spiegò Lir’Vana, toccando delicatamente una pianta che si allungò come se rispondesse al suo tocco. "Ha vissuto qui per millenni, crescendo in simbiosi con la nostra energia. Con il giusto legame, può diventare una parte di voi, un'estensione della vostra volontà."

Elias guardò Lir’Vana affascinato e al contempo scettico. "Stai dicendo che queste piante diventeranno... armi?"

Lir’Vana sorrise, i suoi occhi scintillavano di un verde vivace. "Non solo armi, Capitano. Diventeranno compagne di battaglia. Sentiranno il vostro cuore e reagiranno al vostro comando."

Un Yshari più giovane mostrò il processo. Pose le mani sulla pianta, chiuse gli occhi e iniziò a cantare una melodia antica, un suono che sembrava echeggiare nelle profondità della terra. Lentamente, le radici della pianta si staccarono dal terreno e la pianta stessa si attorcigliò su se stessa, assumendo la forma di un arco perfetto e le foglie brillavano come frecce.

Elias e la sua squadra rimasero senza parole. Uno dei suoi uomini, Johnson, un tipo pragmatico e amante delle armi tradizionali, si avvicinò con esitazione. "E questo sarebbe... un’arma?"

Lir’Vana annuì, porgendogli l’arco vivente. "Prova. Focalizza il tuo pensiero, la tua energia, e vedrai."

Johnson, inizialmente incredulo, prese l’arco e si concentrò. In un attimo, una freccia di pura energia si materializzò, pronta a essere scoccata. Johnson la guardò, stupito. "Dannazione, funziona davvero."

Gli altri membri della squadra seguirono l’esempio, creando le proprie armi viventi: spade di rami affilati, scudi di corteccia rinforzata, lance che pulsavano di energia naturale.

"Immagina di raccontarlo ai ragazzi del comando," scherzò il tenente Jansen. "Non ci crederebbero mai!"

Nel frattempo, un gruppo di Yshari stava lavorando con le creature di Arkania per formare una sorta di cavalleria naturale. Tra queste creature c'erano i Valri, grandi esseri simili a felini, con pelliccia iridescente e occhi che brillavano nel buio. Queste bestie erano maestose e temibili, ma profondamente legate agli Yshari.

Quando gli Yshari si avvicinavano ai Valri, le creature si accoccolavano docilmente accanto a loro. Elias osservò mentre una giovane Yshari, con pelle color lavanda, parlava dolcemente a un Valri dalle zanne affilate e dalla criniera scintillante. La creatura rispose con un leggero ruggito, e la Yshari sorrise, saltando agilmente sulla sua schiena.

"Questi sono i Valri," spiegò l'anziana Yshari che prima aveva parlato del Devastatore. "Sono i nostri alleati più antichi. Con loro, formeremo la prima linea di difesa, sfruttando la loro velocità e forza."

Uno dei terrestri, un soldato robusto di nome Ramirez, si avvicinò a uno dei Valri, cercando di montarlo. L'animale si voltò lentamente, fissandolo con uno sguardo che sembrava quasi volerlo giudicare. Ramirez, visibilmente nervoso, tentò di accarezzarlo, ma il Valri si spostò di lato con eleganza, come per dire "Non sei ancora degno."

"Sono un po’ esigenti," commentò Lir’Vana con un sorriso, divertita dall'interazione. "Ma quando accettano qualcuno, sarà per la vita."

Ramirez alla fine riuscì a guadagnarsi la fiducia del Valri, e quando finalmente salì in groppa, gli altri membri della squadra applaudirono, prendendolo in giro amichevolmente. "Vai, Ramirez! Mostraci come si cavalca un alieno!"

Infine, gli Yshari si prepararono per il rituale di potenziamento, un’antica cerimonia destinata a rafforzare il legame tra i combattenti e la terra stessa. Questo rituale era fondamentale per assicurarsi che ogni guerriero fosse in sintonia con le energie del pianeta, unendosi al flusso vitale di Arkania.

Nel Cerchio di Eldara, Lir’Vana e gli altri Yshari si posizionarono attorno all'albero sacro, formando un cerchio. Elias e la sua squadra furono invitati a unirsi a loro. Non sapendo esattamente cosa aspettarsi, si posizionarono tra gli Yshari, seguendo le loro indicazioni.

"Chiudete gli occhi e respirate profondamente," disse Lir’Vana, la sua voce era dolce e rassicurante. "Sentite la terra sotto di voi, ascoltate il battito del pianeta. Ogni battito è un segno della vita che scorre e oggi, quella vita scorrerà anche attraverso di voi."

Gli umani chiusero gli occhi e iniziarono a percepire una leggera vibrazione sotto i piedi, come un tamburo lontano. Le mani degli Yshari si alzarono verso il cielo e il canto iniziò, una melodia ipnotica che sembrava fondersi con il respiro. Lentamente, un’energia calda e avvolgente cominciò a scorrere dal terreno, salendo attraverso i corpi dei presenti, rafforzandoli e riempiendoli di una calma straordinaria.

Elias sentì come se fosse diventato un filo nella trama di Arkania.

La notte si avvicinava, il gruppo si ritrovò attorno a un fuoco improvvisato. Gli Yshari, solitamente composti e sereni, sembravano più rilassati, scherzavano tra loro e condividevano storie con i terrestri.

Miller, il soldato più anziano, sorseggiando una strana bevanda locale che aveva il sapore di un mix tra miele e spezie, si rivolse a Lir’Vana. "Quindi, cosa ci aspettiamo da questo Devastatore? Ho sentito che è brutto da far paura, ma quanto brutto esattamente?"

Lir’Vana rise, la sua pelle cambiò colore in un vibrante arancione. "Brutto è riduttivo. Immagina l’essenza di tutto ciò che è sbagliato nel mondo, condensata in una creatura di pura oscurità. Ma non preoccuparti, Miller, faremo in modo che tu non debba guardarlo troppo da vicino."

Johnson, armeggiando con il suo arco vivente, aggiunse: "Basta che non ci chiediate di fare qualche altro rituale complicato. Sono più bravo a sparare che a cantare."

Un giovane Yshari rispose prontamente: "Tranquillo, Johnson. Il prossimo rituale coinvolgerà solo te, un tamburo e un Valri molto impaziente."

Risate scoppiarono tra tutti, umani e Yshari, mentre la tensione si allentava almeno per un momento.

Man mano che la notte avanzava, il gruppo si ritirò nel Cerchio di Eldara, pronto ad affrontare l’arrivo del Devastatore. Armati di armi viventi, montando i Valri e rafforzati dal potere del rituale, umani e Yshari si disposero in formazione.