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La marea del silenzio

Capitolo 3

Elisa e Matteo si fermarono di fronte alla casa di Giulio Riva, un edificio malconcio con le pareti scrostate. La porta era semiaperta e dall’interno si sentiva la flebile voce di un televisore acceso. Nonostante fossero le dieci del mattino, l'odore di sigaretta arrivò forte e deciso, misto a quello inebriante e acido dell'alcool.

Elisa si scambiò uno sguardo con Matteo, poi bussò alla porta, spingendola leggermente per farla aprire del tutto. Nessuno rispose, ma la voce monotona del notiziario continuava a ronzare in sottofondo.
Decisa a non perdere tempo, Elisa varcò la soglia.

La casa era in uno stato di abbandono quasi totale. Mobili coperti di polvere, foto sbiadite appese alle pareti e scatole di cartone ammucchiate agli angoli. Nel soggiorno, seduto su una poltrona consunta, c’era Giulio Riva. L’uomo aveva un aspetto trasandato: barba incolta, capelli arruffati e uno sguardo vuoto fisso sulla televisione.

«Signor Riva?» disse Elisa con tono dubbioso.

L’uomo alzò lo sguardo lentamente, come se il suono della sua voce fosse un’eco lontana che faticava a riconoscere. «Siete qui per Anna?» chiese con un filo di voce.

Elisa annuì e si avvicinò, prendendo posto su una sedia di fronte a lui. Matteo rimase in piedi vicino alla porta, scrutando la stanza. «Siamo qui per capire cosa è successo a sua figlia», disse Elisa. «Vernazza, il giornalista, stava indagando su di lei. Ci sono alcune cose che dovremmo chiarire.»

Riva non rispose subito. Si limitò a guardare il televisore, come se cercasse conforto in quell'incessante flusso di parole senza significato. Poi, all'improvviso, spense l’apparecchio e voltò lo sguardo verso Elisa. Gli occhi dell'uomo mostravano ancora tutto il dolore della perdita che aveva subito: si sentiva il grido della sofferenza che lo tormentava e si vedeva la tristezza inconsolabile diventata ormai indelebile.

«Non c'è niente da chiarire», disse in tono aspro. «Anna è morta. Non ci sarà mai una spiegazione che possa riportarla indietro.»

«Sappiamo che è stata vista l’ultima volta vicino alla chiesa sconsacrata», continuò Elisa, ignorando l’amarezza nella voce dell’uomo. «Ma ci sono ancora molte domande senza risposta. Vernazza era convinto che Anna avesse scoperto qualcosa prima di scomparire. Lei sa di cosa si trattava?»

Giulio strinse i pugni, il volto segnato da una rabbia repressa. «Mia figlia non era come gli altri. Era brillante, curiosa... Non avrebbe dovuto... avrebbe dovuto ignorare... tutto.»

«Che cosa intende? Cosa aveva scoperto Anna?» chiese Elisa, inclinando leggermente la testa per osservare meglio le sue reazioni.

L’uomo sospirò mentre la tensione nei suoi muscoli sembrò allentarsi per un momento. «Credo avesse trovato dei documenti... vecchi documenti su Monteriva. Diceva che c’era qualcosa di sbagliato in quel posto, qualcosa che risaliva a molto tempo fa... che la chiesa era solo la punta dell’iceberg.»

Elisa si concentrò su quelle parole. «Quali documenti? Dove li aveva trovati?»

Giulio si accasciò nella poltrona, come se il peso di tutto quello che aveva tenuto dentro fosse diventato insopportabile. «Non lo so. La vedevo girare per casa con delle carte in mano, ma non me le ha mai mostrate. Le teneva nascoste. Studiava quei fogli con grande attenzione, spesso era agitata, ma parlava di un nome. Un uomo... o forse un’organizzazione. Non sono sicuro. Diceva che tutto iniziava con loro.»

Elisa stava per fare un’altra domanda, ma fu interrotta da un colpo alla porta d’ingresso. Matteo e Giulio si girarono immediatamente verso il rumore. Elisa fece un cenno a Matteo, che si avvicinò alla porta con cautela.

Un uomo anziano, vestito con abiti consumati e un cappello logoro, entrò senza invito. Il suo sguardo era serio e il modo in cui camminava tradiva un’autorità che non si accordava con il suo aspetto modesto. «Giulio, dobbiamo parlare», disse con voce ruvida.

«Non è il momento, don Luciano», rispose Riva, la tensione evidente nella sua voce.

Elisa riconobbe subito il nome. Don Luciano era il prete che aveva preso il posto di Cesare Galli anni dopo la sconsacrazione della chiesa. Il suo arrivo improvviso non poteva essere una coincidenza.

«Forse è il momento giusto, invece», disse Elisa, alzandosi dalla sedia. «Don Luciano, sono il commissario Ferretti. Abbiamo qualche domanda anche per lei.»

L’uomo si fermò, lanciando a Giulio uno sguardo che sembrava contenere più parole di quante ne avrebbe mai detto ad alta voce. Poi guardò Elisa con occhi freddi. «Se è per Anna Riva, non c’è altro da dire», rispose con tono duro. «Quella povera ragazza è scomparsa e tutti noi abbiamo già sofferto abbastanza.»

«In realtà è per Vernazza, il giornalista che negli ultimi giorni si è visto gironzolare per Monteriva. E' morto in circostanze poco chiare e il corpo è stato ritrovato sulla spiaggia. Vernazza aveva fatto domande in giro e cercato informazioni sulla morte di Anna. Pare che non fosse un caso isolato», ribatté Elisa. «Che ci fosse qualcosa di più profondo che lega la scomparsa della ragazza alla chiesa e a Monteriva. Vogliamo sapere cosa e capire perché Vernazza sia morto.»

Don Luciano restò in silenzio per un lungo momento, poi fece un passo avanti. «Lasciate stare questa storia, la povera Anna», disse in tono grave. «Non vi porterà altro che dolore. Monteriva ha già perso troppo.»

«Non posso lasciarla stare», rispose Elisa, decisa. «Non finché non avrò la verità. Cosa c’è che non vuole che sappiamo?»

Il prete la fissò, poi, senza dire altro, si voltò e uscì dalla porta, trascinando i passi che risuonavano nel silenzio della stanza.

Giulio Riva si lasciò scappare un sospiro di rassegnazione. «Se insistete, vi dirò quello che so», disse con voce stanca. «Ma non vi piacerà.»

Elisa si preparò, prese penna e blocco per gli appunti che aveva sempre con sé e fece cenno a Matteo di avvicinarsi.

Giulio Riva rimase seduto sulla poltrona per qualche istante, le mani strette una all'altra mentre cercava di raccogliere il coraggio per parlare. Elisa lo osservava attentamente, sapendo che ciò che stava per dire avrebbe potuto cambiare radicalmente la direzione dell'indagine. Matteo si spostò accanto alla finestra in modo da poter osservare meglio l'uomo.

«Anna era una ragazza speciale», iniziò Giulio con voce roca, abbassando lo sguardo. «Lo sapete già, ma quello che non sapete è quanto fosse determinata. Aveva un'intelligenza fuori dal comune, e una curiosità che la portava a vedere cose che nessun altro notava.»

Elisa rimase immobile, aspettando che proseguisse.

«Qualche mese prima di sparire, Anna iniziò a fare delle ricerche sul passato di Monteriva. Aveva trovato dei vecchi archivi nell'ex biblioteca del paese, che oggi è in rovina. Erano documenti che risalivano a dieci anni fa, quando la chiesa era ancora attiva e il villaggio era brulicante di gente e ricco di attività di ogni genere.» Giulio si fermò un attimo, pesando attentamente le sue parole. «Quei documenti parlavano di una serie di eventi. Cose che erano state insabbiate, ma che lei aveva tirato fuori.»

Elisa sentiva che qualcosa di importante stava per emergere. «Quindi Anna aveva scoperto una connessione tra quei fatti e il presente?»

Giulio annuì mentre il suo viso esprimeva tutto il dolore e la rabbia repressa. «Lei credeva che questi eventi fossero stati nascosti. Parlando di queste cose, aveva attirato l'attenzione di persone che avrebbero preferito mantenere il segreto. Un'organizzazione, forse. Non lo so con certezza, ma Anna era sicura che qualcosa, o qualcuno, legato alla vecchia chiesa fosse ancora qui, a Monteriva, e che controllasse tutto nell'ombra.»

Elisa si chinò leggermente in avanti, cercando di mantenere il tono calmo. «Ma a quali eventi si riferiva e chi c'era dietro a tutto questo? Parla di un'organizzazione. C'è qualche nome che sua figlia le ha menzionato?»

Giulio si alzò dalla poltrona, con un movimento lento e doloroso. «Sparizioni, morti non spiegate. Anna parlava di simboli, antichi, che aveva trovato incisi nei documenti e... nella chiesa. Disse che le ricordavano delle sette, culti legati a rituali antichi, precristiani. Si era convinta che ci fosse un gruppo segreto che operava qui da secoli. Un culto, forse. La chiesa sconsacrata era uno dei loro luoghi chiave, secondo lei.»

Elisa non nascose la preoccupazione. Il pensiero che a Monteriva poteva esistere un culto segreto la faceva rabbrividire, ma allo stesso tempo tutto sembrava iniziare a combaciare. «E Vernazza? Pensava anche lui che ci fosse un legame tra Anna e questo culto?»

Giulio fece un cenno con la testa. «Quando è venuto a trovarmi, mi ha detto che aveva scoperto parte di questa storia. Mi ha chiesto di aiutarlo, ma non ho voluto. Non volevo mettermi nei guai. Quando Anna è sparita... ho capito che ero già in pericolo, nei guai fino al collo.»

Matteo si girò verso Elisa. «Cosa facciamo ora?»

Elisa sospirò, pensando alle diverse possibilità. «Dobbiamo tornare alla chiesa. Se Anna ha trovato qualcosa lì, allora forse ci sono altre tracce. Potrebbe essere l'unico modo per capire chi c'è dietro tutto questo.»

Giulio, con gli occhi pieni di angoscia, li guardava preoccupato. «Siate cauti», disse con voce spaventata. «Quella chiesa non è un luogo come gli altri. C'è qualcosa di malvagio che si nasconde lì. Qualcosa che mia figlia ha visto e che me l'ha portata via.»

Il sole stava tramontando mentre Elisa e Matteo arrivarono nuovamente alla chiesa sconsacrata,.

A quell'ora, il cielo dipinto di arancione e rosso regalava alla facciata della chiesa un'area misteriosa del tutto naturale. L'edificio fatiscente sembrava ancora più minaccioso nella luce fioca della sera. Le mura coperte di muschio e la torre campanaria in rovina proiettavano ombre lunghe e distorte.

«È come se ci stesse aspettando», mormorò Matteo, fissando la struttura decadente.

Elisa fece un cenno silenzioso, lasciando cadere nel vuoto ciò che il suo assistente aveva voluto sottintendere.

L'entrata principale era ancora aperta, come l'avevano lasciata durante la loro precedente visita. Entrarono senza indugio e furono avvolti dall'aria all'interno fredda e umida, carica di tensione.

«Dobbiamo cercare simboli, iscrizioni, qualsiasi cosa che possa ricollegarsi a ciò di cui parlava Anna», disse Elisa, accendendo una torcia per illuminare meglio la navata.

Mentre si addentravano nella navata principale, notarono per la prima volta alcuni segni scolpiti sulle colonne di pietra. Matteo si avvicinò a uno di essi, passando le dita sulle incisioni ormai quasi invisibili. «Questi simboli... non li avevo notati l'altra volta.»

Elisa si avvicinò per esaminare meglio. I segni sembravano cerchi concentrici, collegati da linee sottili che si intrecciavano in modo complesso. «Non sembrano simboli cristiani», disse. «Devono essere stati incisi durante la costruzione della chiesa.»

Si guardarono intorno, cercando altri indizi. Alla fine della navata, verso l'altare, notarono una serie di lastre di pietra che sembravano fuori posto. Una di esse era leggermente sollevata rispetto alle altre, come se fosse stata mossa di recente.

«Aiutami», disse Elisa a Matteo, mentre iniziavano a spingere la lastra di pietra. Con uno sforzo congiunto, riuscirono a spostarla di lato, rivelando una botola.

«Un passaggio segreto», sussurrò Matteo, incredulo. «Cosa ci sarà qui sotto?»

Elisa guardò la botola. «C'è solo un modo per scoprirlo.»

Elisa si calò per prima nella botola, scendendo con cautela lungo una scala di pietra stretta e polverosa. L'aria era pesante e un odore di terra e umidità pervadeva il tunnel sotterraneo. Matteo la seguì, mantenendo la torcia puntata davanti a loro.

Alla fine del corridoio si aprì una stanza. Le pareti erano ricoperte di simboli simili a quelli visti sopra, ma più grandi e più dettagliati. Al centro della stanza c'era un altare di pietra, su cui giacevano resti di candele consumate e vecchi oggetti rituali.

«Questo... questo è un luogo di culto», disse Matteo, osservando la scena con sgomento.

Elisa si avvicinò all'altare, illuminando meglio l'area. Sul pavimento, tra la polvere e i detriti, notò qualcosa che brillava debolmente. Tirò fuori dalle tasche un fazzoletto, lo spiegò, si chinò e raccolse un ciondolo d'oro. Era un piccolo medaglione con un simbolo inciso, lo stesso cerchio concentrico che avevano visto sulle colonne.

«Questo deve appartenere a chi stava qui sotto», disse, alzando il medaglione per farlo vedere a Matteo.

Matteo lo osservò, preoccupato. «Elisa, questo posto... non mi piace.»

Elisa annuì. «Neanche a me. Ma dobbiamo andare fino in fondo.»