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La marea del silenzio

Capitolo 4

Elisa e Matteo rimasero qualche istante in silenzio, l’aria era tesa e pesante nella stanza sotterranea. La scoperta del medaglione e delle candele consumate sull’altare raggiungeva un nuovo livello di mistero. L’atmosfera soffocante sembrava stringersi attorno a loro, come se le mura stesse trattenessero il respiro in attesa.

«Dobbiamo portare questo medaglione a Vernazza», sussurrò Matteo, pur sapendo che il giornalista non era più in grado di rispondere alle loro domande.

Elisa strinse il ciondolo tra le mani e il freddo del metallo le penetrò la pelle oltre il fazzoletto. «Questo simbolo», disse, osservandolo con attenzione, «è lo stesso di cui parlava Anna. C’è un collegamento tra il culto e la sua scomparsa e sono sicura che anche Vernazza stava arrivando a questa conclusione prima di…» Si interruppe, incapace di terminare la frase.

Improvvisamente, un rumore di passi proveniente dal corridoio li fece irrigidire. Le torce puntate verso l'entrata della stanza, aspettarono in silenzio, le orecchie tese. La luce di una torcia apparve all’imboccatura del tunnel.

«Chi è là?» chiese Elisa con voce tesa.

Dalla penombra emerse una figura familiare: don Luciano, il prete che avevano incontrato da Riva. Aveva in mano una torcia, e il suo volto mostrava un’espressione sorpresa e contrariata allo stesso tempo.

«Commissario Ferretti, che cosa ci fa qui?» chiese, mantenendo la voce calma, ma con un tono che lasciava trasparire un sottile rimprovero.

Elisa avanzò di un passo, fissandolo negli occhi. «Potrei chiederle la stessa cosa, don Luciano. Che cosa ci fa lei qui, in un luogo di cui nessuno avrebbe dovuto conoscere l’esistenza?»

Il prete abbassò lo sguardo per un momento, poi lo rialzò, gli occhi gelidi. «È un luogo sacro, anche se è stato dimenticato. È un posto dove nessuno dovrebbe mettere piede, perché il passato non va risvegliato.»

«Mi sembra che il passato non si sia mai addormentato, don Luciano», ribatté Elisa. «Qui sotto c’è la verità su ciò che è successo ad Anna e su ciò che ha tormentato questo paese per anni.»

Don Luciano fece un passo avanti, avvicinandosi all’altare. «Voi credete che ci sia una verità assoluta, qualcosa che possa spiegare tutto. Ma Monteriva ha una storia che si perde nei secoli, un passato fatto di credenze antiche, di cui forse è meglio non parlare.»

Matteo si avvicinò con lo sguardo fisso sul prete. «Lei sa cosa è successo ad Anna, vero?»

Il prete sospirò, il volto segnato da rughe che parevano accentuarsi alla luce tremolante. «Sì, so qualcosa. Anna è entrata in questo mondo senza sapere ciò che avrebbe trovato. Si è spinta troppo lontano.»

Elisa strinse i pugni. «E Vernazza? Anche lui sapeva?»

Don Luciano annuì, ma con riluttanza. «Vernazza era determinato. Non ascoltava nessuno, nemmeno chi voleva solo proteggerlo. Credeva che svelare la verità fosse la sua missione. Ma la verità è un peso che pochi possono sopportare.»

Mentre parlava, Elisa notò che don Luciano si muoveva lentamente verso l’altare, come attratto da un istinto che non riusciva a controllare. C’era una sorta di venerazione nei suoi movimenti, quasi un rispetto antico.

«Perché questo simbolo, don Luciano?» chiese Elisa, mostrando il medaglione. «Cos’è davvero?»

Il prete lo guardò a lungo, poi alzò lo sguardo verso di lei. «È un simbolo di appartenenza. Di legame. Rappresenta un patto tra chi ha giurato di proteggere Monteriva da tutto ciò che potrebbe distruggerla.»

Elisa cercò di mantenere la calma. «Un patto? Questo è ciò che ha portato alla scomparsa di Anna?»

Don Luciano scosse la testa, con un'espressione di dolore. «Anna è andata oltre. Ha risvegliato qualcosa di antico. Qualcosa che dormiva da molto tempo. Forse non ha capito ciò che aveva davanti.»

«Cos’era?» chiese Matteo con  voce carica di tensione.

Don Luciano esitò, guardando i simboli incisi sulle pareti. «Il male, Matteo. Qualcosa che si nutre della paura e dell’ignoranza. Monteriva è sempre stato protetto da chi conosceva la verità, ma Anna ha cercato di aprire quella porta e ora è troppo tardi.»

Elisa fece un passo indietro, sentendo un brivido correrle lungo la schiena. La stanza sembrava stringersi intorno a loro, come se l’oscurità stesse prendendo vita. Don Luciano si voltò, iniziando a risalire la scala, e lasciò una frase sospesa nell’aria.

«A volte, scoprire la verità è peggio che vivere nell’ignoranza, commissario.»

Elisa lo guardò sparire nel buio del corridoio. Non sapeva se le sue parole fossero un avvertimento o una minaccia.

Elisa e Matteo rimasero nella cripta per qualche minuto, in silenzio, cercando di assimilare le parole di don Luciano. Era chiaro che sapeva molto di più di quanto avesse rivelato, ma cercare di forzarlo sarebbe stato inutile. 

«Matteo», disse Elisa con tono deciso, «non credo che Vernazza o Anna siano morti per caso. Questo culto, o qualunque cosa sia, è molto più pericoloso di quanto avessimo immaginato.»

Matteo annuì, scuotendo la testa incredulo. «Non mi sarei mai aspettato di trovarmi a indagare su una storia simile. Pensavo di aver visto abbastanza nella mia carriera, ma questo…»

Elisa posò una mano sulla spalla di Matteo. «Lo so. È tutto assurdo. Ma non possiamo fermarci ora.» Guardò ancora una volta il medaglione, prima di infilarselo in tasca. «Dobbiamo andare avanti. Abbiamo troppi indizi che puntano alla chiesa, e sono convinta che Anna abbia trovato qualcosa qui, qualcosa che ha segnato la sua condanna.»

Lasciarono la cripta con passo deciso e risalirono le scale, avvolti dal silenzio e dal buio della sera ormai calata.
Il mattino seguente, Elisa e Matteo decisero di tornare alla vecchia biblioteca di Monteriva, dove Anna aveva trovato i primi documenti sulla storia del paese. Era stato il padre della ragazza a raccontarglielo. Anna amava trascorrere il tempo lì, circondata da vecchi volumi. 

La biblioteca era situata in un edificio antico, ormai usato solo raramente e per lo più in stato di abbandono. Le pareti coperte di polvere e le finestre opache davano all’ambiente un’atmosfera dimenticata.

Appena entrati, Elisa sfilò tra le file di scaffali pieni di vecchi libri e faldoni impolverati. Sapevano di dover cercare nei documenti d’archivio, quelli che risalivano a dieci anni prima e che probabilmente contenevano i dettagli di ciò di cui Anna aveva parlato al padre.

«Non pensavo che in un paesino così piccolo ci fosse una raccolta simile», mormorò Matteo, passando il dito lungo i dorsi dei libri.

Elisa, sfiorò con la mano un volume polveroso.

Si diressero verso una porta sul retro, che conduceva a un magazzino dove venivano conservati i documenti più vecchi. Elisa tirò un respiro profondo e girò la maniglia, aveva di fronte una stanza fredda, piena di scaffali traballanti e scatole di cartone ammassate.

Cominciarono a rovistare tra le carte, cercando qualunque indizio potesse confermare le parole di Giulio Riva. Dopo diversi minuti, Matteo trovò un fascicolo logoro, con il titolo scritto a mano: “Culto di Monteriva: cronaca di un segreto”.

«Elisa, guarda qui», disse, tendendole il fascicolo.

Elisa prese il documento e iniziò a sfogliarlo. Le pagine ingiallite raccontavano di eventi misteriosi: sparizioni di abitanti, misteriosi segni sui muri della chiesa e rituali eseguiti durante la notte. Una pagina attirò la sua attenzione: era un disegno del simbolo che avevano trovato nella cripta.

«È lo stesso», sussurrò Elisa, mostrando il simbolo a Matteo.

Mentre continuavano a leggere, si resero conto che il culto di Monteriva non era solo un gruppo di persone, ma un’organizzazione che aveva tramandato i suoi segreti di generazione in generazione. Le descrizioni parlavano di riti per "preservare l’essenza del paese" e "proteggere Monteriva dagli stranieri e dagli spiriti maligni."

Un brivido attraversò Matteo. «Vuoi dire che questo culto esiste ancora oggi?»

Elisa chiuse il fascicolo con forza, fissando Matteo con occhi decisi. «Non solo esiste. È chiaro che qualcuno sta facendo di tutto per mantenere questi segreti al sicuro, anche se significa eliminare chiunque si avvicini troppo. Anna l’ha scoperto e Vernazza era sul punto di farlo.»

Mentre uscivano dalla biblioteca, Elisa ricevette una chiamata. Era il procuratore Ricci.

«Commissario Ferretti», disse Ricci con voce tesa, «mi è stato riferito che state indagando su una pista piuttosto inusuale. Non capisco esattamente cosa stiate cercando, ma spero abbiate delle prove concrete.»

Elisa esitò per un momento. Era consapevole che Ricci avrebbe trovato assurdo parlare di un culto antico, ma sapeva anche che ogni dettaglio contava.

«Abbiamo trovato informazioni nei vecchi archivi del paese», spiegò Elisa con calma. «Credo che Anna e Vernazza fossero sulle tracce di un’organizzazione che da secoli controlla Monteriva. Ho motivo di credere che siano stati uccisi per questo.»

Ricci rimase in silenzio per qualche istante, poi sospirò. «Ferretti, non voglio bloccare il suo lavoro, ma si assicuri di avere delle prove tangibili. Monteriva è un paese difficile e ci sono persone che non gradiranno il vostro ficcanasare.»

«Lo so, procuratore. E farò di tutto per assicurarmi che chiunque sia responsabile paghi per ciò che ha fatto», rispose Elisa con fermezza.

La verità era lì, sepolta sotto strati di bugie e paura.

«Dobbiamo tornare alla chiesa», disse Elisa a Matteo. «E stavolta andremo più a fondo. Qualunque cosa abbiano cercato di nascondere, noi la scopriremo.»